Il “vecchietto” dove lo metto?
Dopo un anno di lavoro o di scuola, le famiglie partono per le meritate vacanze. E i nonni restano spesso in città, a fare i conti con l’afa, con i malintenzionati e, soprattutto, con tanta solitudine. Ma conciliare le esigenze di tutti è possibile. Con una valida organizzazione e con i consigli giusti.
Nessuno ci insegna a essere genitori, è vero. Ma nessuno ci insegna nemmeno a essere figli di mamme e papà anziani. E d’estate tutto diventa più difficile. La routine si complica: i figli non vanno a scuola e devono essere gestiti e si ha, quindi, meno tempo per occuparsi dei genitori over, che possono entrare in sofferenza, anche a causa del caldo che amplifica stanchezza, debolezza e alcune malattie preesistenti. In più ci sono le ferie, periodo in cui le famiglie partono per le vacanze e gli anziani restano a casa, spesso da soli.
Anche papa Francesco, nel messaggio per la Giornata dei nonni e degli anziani, che sarà celebrata il 28 luglio, è intervenuto: «Troppo spesso la solitudine è l’amara compagna della vita di noi anziani e nonni».
La questione è sempre più diffusa. In Italia, gli over 65 sono, infatti, quasi 14 milioni, il 22 per cento della popolazione. Quota destinata ad aumentare, secondo l’Istat, al 33 per cento nei prossimi venticinque anni. Anche perché, grazie ai progressi della scienza e della medicina, si vive più a lungo, tanto che l’aspettativa di vita delle donne è oggi di 85,2 anni e degli uomini di 80,8. Quindi non stupisce che siano sempre di più (la stima è 9 milioni) gli adulti che dedicano parte della giornata a genitori o parenti anziani.
Gestire emotivamente il fatto che da figli si diventa “genitori” dei propri genitori non è semplice. «Accettare la vecchiaia dei nostri genitori è una delle prove più difficili, perché ci pone davanti alla paura più grande provata fin da bambini: la perdita, la separazione. Del resto, essere soggetti ad accudimento non è facile per i genitori stessi, che vedono venire meno il loro tradizionale ruolo di dispensatori di cure. Ed è proprio la difficoltà a stare nei nuovi panni che, soprattutto all’inizio, rende problematica la gestione di un genitore in là con gli anni. Ciò che può aiutare è una comunicazione aperta, fatta di ascolto e di attenzione ai dettagli. Parlare con i nostri genitori è la prima cura, un’occasione di relazione, ma anche di monitoraggio dei loro bisogni», spiega la psicologa Claudia Campisi, autrice del libro Genitori anziani, che fare? Una guida per figli adulti e (im)preparati (Dario Flaccovio editore). Il volume è stato scritto con Antonella Brugnola, economista che ha partecipato a un gruppo di auto-mutuo aiuto in Rsa e che ha collaborato con uno studio legale sul tema dell’assistenza agli anziani. Un manuale che spiega come affrontare la vecchiaia dei propri genitori, rispondendo alle domande che tutti ci poniamo. Come comprendere se mamma o papà sta vivendo un momento di difficoltà? Come capire se alcune sue azioni sono un segnale di disagio da non prendere sottogamba?
Anche da adulti restiamo figli e siamo, quindi, inclini a pensare ai nostri genitori come a una sorta di super eroi. Dobbiamo, invece, imparare a cogliere i campanelli d’allarme, per accorgerci di eventuali sofferenze e problemi. A partire dalla depressione, che negli anziani può facilmente essere confusa con un semplice calo dell’umore dovuto all’avanzare dell’età.
«Ci sono tre aspetti da non sottovalutare», suggerisce Campisi. «Il primo è la cura della persona: mamma e papà continuano a occuparsi di sé, della propria igiene quotidiana e dell’abbigliamento, o li troviamo più trascurati? Il secondo è l’alimentazione: fanno pasti regolari e nutrienti? O evitano di mangiare e si stanno lasciando andare? Il terzo riguarda le relazioni: la disponibilità relazionale è rimasta invariata o li percepiamo più schivi, meno propensi a momenti di incontro e di convivialità? È cambiato qualcosa nella loro routine?».
Il seguito sulla rivista.
di Cristina Colli