L’Africa che si rialza
Con la sua visita, papa Francesco ha acceso i riflettori sulla Repubblica democratica del Congo e sulle periferie del mondo. Nell’ascolto della sofferenza, anche una “finestra” su una start up tutta africana.
A qualche mese dalla visita compiuta da papa Francesco in due Paesi africani, la Repubblica democratica del Congo e il Sud Sudan, emerge la portata storica della sua presenza in queste zone del mondo, sulle quali raramente si accendono i riflettori mediatici. Bergoglio ha denunciato con forza coloro che promuovono una guerra senza fine in una delle regioni più ricche di minerali strategici per l’attuale ciclo di sviluppo tecnologico, uno sfruttamento che si configura come un nuovo colonialismo, più perverso di quello che ha devastato il continente africano. Ma ciò che più colpisce, riguardo a questo viaggio, sono l’invisibilità e il silenzio da parte dei media internazionali, incapaci di percepire quello che sta accadendo in questa periferia del mondo. È il segno di un’incapacità di cogliere i bisogni e le sofferenze di tanti uomini e donne, sminuiti o semplicemente ostracizzati.
È importante fare informazione, soprattutto nel momento in cui può essere fondamentale e urgente per salvare chi è in pericolo. Ma in molti casi, quando al “mostrare molto” non segue un vero “vedere” il dolore del prossimo, il rischio è che si sia davanti a un’eccitazione visiva, come quando accade un incidente stradale e tutti si fermano, con una sorta di curiosità morbosa, per vedere cosa è successo, senza trasformare, però, il vedere in agire e in aiuto. Questo atteggiamento non produce gesti di compassione e solidarietà. Uno sguardo più approfondito sulle tragedie del Congo, per esempio, vedrebbe la sorte delle migliaia di profughi condannati all’invisibilità, abbandonati al loro destino, mentre spesso il flusso informativo non risveglia alcun gesto di compassione da parte delle istituzioni mondiali. Non si tratta certo di generalizzare e di esprimere giudizi di condanna sulla comunità internazionale. Molti cristiani e persone di “buona volontà” sono toccati dalle sofferenze di questi popoli.
Con la sua visita, di fronte alle tragedie incontrate, il pontefice lancia, ancora una volta, la sfida: è dalle periferie che possiamo vedere meglio ciò che accade nel mondo. Non ha solo aperto gli occhi, ma anche le orecchie per ascoltare la testimonianza di dolore delle vittime congolesi, mai ascoltate in precedenza. Francesco ci chiama a uno sguardo cristiano e ci invita, come nel racconto della Creazione, a vedere la bellezza e la bontà o a piangere davanti alla sofferenza. Qualcuno potrebbe dire che il dolore di questo Paese è così grande che non c’è nulla da fare, che non si riesce a sopportare tutta la sofferenza inflitta al mondo. In effetti, questo dolore, come nell’episodio dei Geraseni nei Vangeli, è «legione» (Mt 8,28-34) e sembra impossibile da espellere dalla realtà umana.
Il seguito sulla rivista.
di Roberto Ponti e Christian Dino Batsi