La maturità dal 1923 a oggi

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Spauracchio per gli studenti di ogni epoca, l’esame di Stato è andato incontro, nel tempo, a vari cambiamenti. Ricostruiamo le tappe principali.

Il 1923 fu l’anno della svolta per gli studenti italiani, con l’introduzione dell’esame di maturità da parte del ministro Giovanni Gentile. In oltre cento anni questo rito di passaggio all’età adulta ha subìto numerose trasformazioni. Ecco le principali.
1923
La riforma Gentile introduce l’esame di maturità. Tostissimo: quattro prove scritte e una orale sul programma degli ultimi tre anni. Per giunta, la commissione è composta solo da membri esterni, spesso docenti universitari.
1937
Primo cambiamento. L’esame riguarda il programma dell’ultimo anno e la commissione diventa prevalentemente interna, con presidente e vicepresidente esterni. Durante la guerra l’esame viene ridotto a uno scrutinio di fine anno.
1951
Si torna in parte alle origini, con quattro prove scritte e una orale. Il programma è quello degli ultimi due anni e la commissione è interna.
1969
Con la riforma Sullo entra in vigore un modello di esame che doveva essere sperimentale e che, invece, durò quasi trent’anni. Due prove scritte e due materie all’orale (una scelta dallo studente), commissione prevalentemente esterna (un solo membro interno), voto in sessantesimi.
1997
Con la riforma Berlinguer, le prove scritte diventano tre (la terza è un quiz sulle materie dell’ultimo anno). Per l’orale arriva la tesina da discutere davanti alla commissione (tre commissari interni e tre esterni, più presidente esterno). Vengono introdotti i crediti derivanti dal percorso scolastico (20 punti al massimo), che concorrono al calcolo del voto finale, espresso in centesimi.

Il seguito sulla rivista.

di Cristina Colli

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