La guerra che ha cambiato il mondo

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Un anno fa Vladimir Putin ha dato inizio all’invasione del territorio ucraino, seminando incertezza in Europa e negando a due popoli
un futuro per i loro figli. E, anche quando le armi finalmente taceranno, le tragedie e le sofferenze non si potranno cancellare.

Dopo l’anno del covid e dopo quello della rinascita, il 2022 ha segnato di nuovo le nostre vite. La guerra tra Russia e Ucraina ha confermato ancora una volta quanto deboli siano le nostre società e quanto labili siano i rapporti con gli Stati autoritari e totalitari. L’aggressione dello Stato ucraino voluta da Vladimir Putin ha di fatto messo a nudo le falsità ostentate per anni attraverso una rete di collaborazioni costruita ad arte. In un discorso pronunciato nell’ottobre del 1939, Winston Churchill definì la Russia «un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma». Ed è proprio così, il comportamento di Putin è un mistero che, forse, pochi riescono a comprendere.
La casa del presidente russo è stata visitata da tanti, troppi governanti, soprattutto europei e soprattutto italiani. Tutti a vantare accordi con grandi vantaggi, fino a quando la guerra non li ha messi di fronte alla realtà. Troppo sbilanciati verso uno Stato che insegue ancora politiche di espansione e che non si ferma davanti a niente.
Tutti, con colpevole ritardo, si sono chiesti da quando la Russia è stata iscritta nelle liste degli amici più fidati. Certo, l’apertura e il dialogo, così come la cooperazione e lo sviluppo, sono il giusto approccio, ma forse tutti hanno un po’ esagerato nel propendere verso un interlocutore quasi unico.
L’Occidente ha reagito compatto contro l’aggressione e contro il Cremlino. Fin da subito con aiuti all’Ucraina e sanzioni alla Russia. Purtroppo, però, non è riuscito a coinvolgere sullo stesso fronte altri importanti leader, che hanno preferito non esprimersi sull’iniziativa russa, anzi in alcuni casi hanno addirittura manifestato solidarietà a Putin. E così la guerra ha cambiato i rapporti tra gli Stati, Russia e Cina in primis, che sono tra i maggiori influencer dell’economia mondiale. Però ha anche risvegliato quel senso di Europa che sembrava fosse passato in secondo piano rispetto agli interessi dei singoli Stati, costringendoli ad affrontare tutte le loro debolezze strutturali emerse proprio a seguito del conflitto. Li ha incentivati a ricercare e a raggiungere il tanto ambito obiettivo dell’autonomia strategica europea, indispensabile per avere un ruolo geo-politico nel mondo. Più Europa è un obbligo perché la guerra è in casa nostra, gli europei sono i più esposti, ma soprattutto perché ogni decisione presa avrà conseguenze solo in questo territorio.
Nel frattempo, però, la guerra è andata avanti, il costo della vita è aumentato, costringendoci a cambiare le nostre abitudini. Gli stipendi sono sempre gli stessi. Le bollette di luce e gas sono quasi triplicate con ricadute su tutta la filiera produttiva mondiale. Molti fanno sempre più fatica ad andare avanti, i governi si cimentano in manovre correttive che, per quanti siano i miliardi messi in campo, non sono mai abbastanza. Si esce di meno, si spende di meno per sé stessi, per il tempo libero, perché i costi dei servizi essenziali e fissi di una famiglia sono incrementati.

Il seguito sulla rivista.

di Antonio Dell’Anna

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