Michelangelo, il genio del marmo
Nel 460° anniversario della morte, ricordiamo l’artista attraverso il libro In viaggio con la Pietà, che racconta il tragitto che la monumentale opera compì nel 1964, sessant’anni fa, per essere mostrata all’Expo di New York.
Michelangelo Buonarroti e il 2024. C’è un ideale filo conduttore tra il nuovo anno e il maestro fiorentino, tra i più grandi artisti di tutti i tempi, universalmente ammirato, padre indiscusso di opere immortali concepite e realizzate nelle tre classiche Muse della storia dell’arte: pittura, scultura, architettura. Due le ricorrenze che, nella prima parte del 2024, lo riportano alla ribalta dell’opinione pubblica: il 460° anniversario della morte e i 60 anni del viaggio che, nel 1964, portò negli Stati Uniti la Pietà, uno dei suoi capolavori.
Un artista straordinario
La morte sorprende Michelangelo alla veneranda età di 89 anni, il 18 febbraio 1564, mentre, incurante della salute malferma e degli acciacchi, è ancora impegnato a scolpire la sua ultima opera marmorea, la Pietà Rondanini. Il maestro si trova nella sua casa romana di via Macel De’ Corvi, ai piedi del Campidoglio, in un caratteristico quartiere medioevale purtroppo raso al suolo nel secolo scorso per fare spazio all’Altare della Patria.
La dimora-rifugio dove Michelangelo trova calore, riposo, accoglienza nei lunghi decenni al servizio del Vaticano gli fa anche da musa ispiratrice per le sue realizzazioni, tra le più studiate della storia dell’arte, come appunto la Pietà e il Mosè esposto nella basilica di San Pietro in Vincoli a corredo della tomba di Giulio II. Senza dimenticare gli affreschi della Cappella Sistina dove realizza, sulla volta, le storie della Bibbia e, sulla facciata antistante all’entrata, il Giudizio Universale, in sostanza Antico e Nuovo Testamento tradotti in immagini, poste a ideale guardia delle celebrazioni papali e dei Conclavi. Come pure affresca, in età avanzata, la suggestiva sala Paolina, ossia la cappella privata dei pontefici, che sarà la sua ultima opera pittorica. Sulle pareti della cappella, che si trova nel Palazzo Apostolico, racconta la conversione di San Paolo folgorato sulla via di Damasco e la crocifissione di San Pietro a testa in giù.
Altrettanto pregevoli le realizzazioni architettoniche romane, come la piazza del Campidoglio. Il fulcro del progetto, commissionato da papa Paolo III, fu un elegante podio per la statua equestre di Marco Aurelio. L’artista ritoccò anche due edifici già esistenti: il Palazzo Senatorio, di epoca medievale, e quello dei Conservatori, del Quattrocento. Poi progettò Palazzo Nuovo e aggiunse una maestosa scala di accesso alla piazza stessa, la cosiddetta Cordonata, con larghi blocchi trasversali (cordoni).
Di analogo valore le opere realizzate dall’artista per la sua Firenze, dove – oltre alla ricca documentazione michelangiolesca e alle pitture esposte nella casa-museo Buonarroti (tra le altre, il Tondo Doni e la Madonna della Scala) – è possibile ammirare il gigantesco David in procinto di scagliare la pietra contro Golia, esposto all’Accademia di belle arti presso la facoltà di Architettura. La scultura, alta cinque metri, è un emblema di lotta e coraggio: incarna il giusto che riesce a prevalere sul forte ma iniquo.
Importante poi anche la sequela scultorea realizzata per le Tombe medicee, con i mirabili Prigioni, raffiguranti schiavi (Schiavo giovane, Schiavo che si ridesta, Atlante, Schiavo barbuto). Le statue sembrano lottare per liberarsi dalla materia in cui sono intrappolate e, grazie al non-finito, presente in vari stadi, rivelano molto del modo di procedere dell’artista, che delineava prima la veduta principale per eliminare solo in un secondo momento la pietra circostante.
Il seguito sulla rivista.
di Orazio La Rocca