Astor Piazzolla il re del nuevo tango
A trent’anni dalla morte, l’innovatore per eccellenza della musica argentina è uno dei compositori più ascoltati e suonati da prestigiosi ensemble in tutto il mondo.
Immaginare l’Argentina dei primi del Novecento significa sentire un suono: quello del tango. Rifiutato dalle classi altolocate, si diffonde nei quartieri periferici, quelli della grande povertà, dove arrivano in cerca di lavoro milioni di profughi italiani. Ben presto questo genere musicale diventa sinonimo di un modo di vivere e intendere la vita. Almeno fino ad Astor Piazzola, il compositore geniale, l’uomo focoso e irruento, il pazzo e coraggioso che proverà a riscriverlo e rinnovarlo, guadagnandosi l’appellativo di «assassino del tango».
La leggenda vuole che la prima volta che lo scrittore Jorge Luis Borges ascoltò un concerto di musiche di Piazzolla uscì dalla sala affermando lapidario: «Questo non è tango».
In qualche modo l’obiettivo del musicista era proprio questo. «Il tango non esiste più», diceva. «Esisteva molti anni fa, quando Buenos Aires era una città dove si vestiva il tango, si camminava nel tango, si respirava nell’aria un profumo di tango. Il tango di oggi è solo un’imitazione noiosa e nostalgica di quel tempo. Sì, è sicuro, sono un nemico del tango. Ma del tango come lo intendono loro. Se tutto è cambiato, deve cambiare anche la musica di Buenos Aires».
Da questa convinzione prende il via la sua ricerca, che è influenzata dalle radici italiane (il papà era pugliese e la mamma toscana) e dai numerosi trasferimenti tra Mar del Plata e New York per seguire i genitori.
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di Marta Perrini