La fede della Divina

A cent’anni dalla morte di Eleonora Duse, amante del poeta Gabriele D’Annunzio, gli studiosi si interrogano sulla religiosità dell’attrice, ispirata a francescani e domenicani.

Eleonora Duse, la Divina, colei che fu probabilmente la più acclamata attrice di ogni tempo, la prima in assoluto per la quale si scomodò l’appellativo di diva, scomparve cent’anni fa, in solitudine, un lunedì di Pasqua, in una camera d’albergo di Pittsburgh, negli Stati Uniti, stroncata da un attacco di tubercolosi. Era il 21 aprile 1924, aveva 66 anni. Pochi mesi prima, nell’autunno del 1923, trionfava ancora sui palcoscenici della sua tournée americana, da New York a Boston, da Chicago a Los Angeles. Ma l’attrice osannata dalla critica mondiale, adorata dal pubblico di ogni latitudine, la donna che, nel 1923, per prima ebbe l’onore di finire su una copertina di Time, fu anche donna di fede? 
Le biografie hanno sempre trascurato o glissato volutamente la questione, lasciando fino a oggi un “buco nero”, che va colmato. Lo sta facendo Maria Pia Pagani, docente di Discipline dello spettacolo all’Università Federico II di Napoli, tra i curatori delle celebrazioni per il centenario della morte della Duse, e già autrice di vari saggi sull’attrice. 
Dagli studi di Pagani sta emergendo un aspetto inedito della personalità della Duse, che aggiunge non poco a questa figura complessa, ma spesso intrappolata dal suo stesso mito: la sua profonda religiosità. «Se ne è sempre parlato pochissimo per vari motivi», esordisce la professoressa. «Anzitutto perché, essendo figlia d’attori, di gente cioè sempre con le valigie in mano, non ebbe mai una formazione regolare, neanche dal punto di vista religioso. Non ebbe una parrocchia in cui crescere, né un padre spirituale in giovane età. Ma la famiglia era credente ed è certo che Eleonora fu battezzata un giorno e mezzo dopo la sua nascita, a Vigevano, in provincia di Pavia. Si accostava ai sacramenti, sebbene sappiamo che all’età di 15 anni fu traumatizzata dalla severità di un confessore, che ne causò un allontanamento dalla fede per un lungo periodo».
Fu, invece, Gabriele D’Annunzio, col quale Ghisola (così la chiamava il poeta) intrecciò una relazione sentimentale travolgente, tormentata, a tratti burrascosa, che durò quasi un decennio, a introdurla nel mondo francescano, a cui lei rimase legata per il resto della vita. I due artisti sono stati ad Assisi più volte e lì, nota la studiosa, «è impossibile non farsi intercettare dallo spirito del Poverello e non farsi affascinare dalla sua personalità». Alloggiavano all’Hotel Subasio, proprio davanti al porticato che si apre alla Basilica inferiore. «Ad Assisi ci andrei anche a piedi», confessò Eleonora in una lettera a un amico. Pagani commenta: «D’altra parte, una persona che ha vissuto l’arte in modo così totale non poteva restare insensibile alla figura di Francesco». 

Il seguito sulla rivisya.

di Alberto Laggia

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