L’attualità di Giacomo Puccini

Fabio Larovere, Copyright Matteo Biatta 2020

A cento anni dalla morte, il compositore è ancora in grado di intercettare i gusti del pubblico. Lo fa attraverso la sua melodia universale, capace di toccare i cuori di chi la ascolta.

Il secondo compositore più eseguito al mondo, secondo le stime dei diritti d’autore. E celebrato, perché per i cento anni dalla morte, che ricorrono il 29 di questo mese, alcune delle sue opere vengono rappresentate in America, in Corea del Sud, oltre che in tutta Europa. Al Metropolitan di New York, dopo Il trittico (la triade di opere Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi), resterà in cartellone due volte alla settimana, da novembre 2024 a giugno 2025, La Bohème, messa in scena da alcuni dei più rinomati direttori d’orchestra e interpreti lirici.
Oggi finalmente la grandezza di Giacomo Puccini (1858-1924) ha trovato il giusto riconoscimento. «Un grande compositore: colto, intelligente, con eccezionale istinto teatrale, baciato dalla melodia come nella migliore tradizione italiana», commenta Fabio Larovere, critico musicale, collaboratore del sito specializzato Connessi all’opera e appassionato pucciniano. «Un artista oggetto di critiche eccessive, accusato, a motivo dell’immediatezza della sua musica, di essere facile. Un’osservazione non vera che si può confutare ricordando, per esempio, Turandot, la cui melodia conquista, ma la cui scrittura non è affatto elementare. Da ciò si evince una consapevolezza culturale di spessore rispetto alle avanguardie musicali coeve. Nel secolo scorso, infatti, sono sorte scuole di musica innovative, basti pensare ad autori rappresentativi come Arnold Schönberg o Claude Debussy, che pure Puccini aveva ascoltato con interesse, traendone un’ispirazione utile alla sua poetica. Ciononostante ha saputo andare oltre le mode del momento, restando fedele a sé stesso e alle necessità di fare un teatro in musica comprensibile al grande pubblico, cosa che all’epoca qualcuno considerava una sorta di difetto».
Il valore di una grande personalità, si sa, spesso emerge a distanza di tempo. Così, dopo un secolo, vediamo primeggiare Puccini rispetto a colleghi musicisti celebri in vita, come Pietro Mascagni, Umberto Giordano e Ruggero Leoncavallo, dei quali oggi ricordiamo solo qualche componimento.
Sono la modernità di un artista, la sua capacità di parlare al nostro tempo, che ne sanciscono la permanenza. «La grande attualità di Puccini è data dalle tematiche affrontate e da una poetica personale in cui il naturalismo tanto in voga è unito a una spiccata vena melodica e alla sensibilità verso le correnti culturali che abitavano il suo tempo», spiega Larovere. «Dotato di una capacità unica di indagare l’animo femminile, dovuta anche alle sei sorelle con cui era cresciuto, per tutta la vita è stato affascinato dalle donne. Non a caso queste ultime sono le protagoniste delle sue opere, segnate da un destino di sofferenza, come avviene in Tosca o in Manon Lescaut. Quasi tutte muoiono per amore, il sentimento al centro del lavoro pucciniano. Infatti, l’artista, pur ponendosi in continuità con Giuseppe Verdi, non era interessato alla politica, ma, coerentemente con il momento storico in cui si trovava, faceva da cantore alle istanze della borghesia della nuova Italia appena formatasi. Oltre i confini nazionali, il compositore è stato capace di intercettare il nascente interesse verso l’indagine psicologica e il contemporaneo Sigmund Freud: in Madama Butterfly l’eroina viene sottoposta a una vera e propria psicanalisi e nell’opera viene anticipato anche il gusto per l’orientalismo che si andava diffondendo».
Puccini era un uomo dalla vita avventurosa, un viveur e un gran lavoratore. Non era mai soddisfatto, come testimoniano le diverse versioni dei manoscritti (di Butterfly ce ne sono cinque, Turandot è incompiuta).

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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