Omaggio al giovane Boccioni

Umberto Boccioni si interessò al disegno fin dalle scuole elementari a Reggio Calabria, dove nacque nel 1882. Le maestre, scrisse, furono le «prime pene dell’anima», perché «volevano che copiassi quello che mi mostravano: cani, gatti e altri esserini che io invece scarabocchiavo a modo mio».
La vita del giovane cambia nel 1901, quando la famiglia si trasferisce nella capitale. L’annuncio su una vetrina («Cercasi cartellonista») e la rapida assunzione tra cataste di pennelli, colori, cartoni, «energie creative che accelerano i moti dell’anima», sono i primi rudimenti della sua pittura. Una passione totale, grazie alla quale l’artista produrrà capolavori tra i più importanti del Novecento, fino alla sua prematura morte, a soli 33 anni.
A diciotto anni, Boccioni era uno spirito libero, inquieto, critico, ma attento alle opere sia degli antichi maestri, sia dei coetanei, come Balla, Segantini, Sironi, Carrà. La Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo, in provincia di Parma, fino al 10 dicembre, dedica al pittore la grande mostra Boccioni. Prima del Futurismo, composta da duecento capolavori. L’esposizione è suddivisa in tre sezioni, ciascuna correlata a una città importante per l’artista. Anzitutto Roma, con le eccezionali tele Campagna romana, Ritratto della sorella, La madre. Poi Venezia, con dipinti, onirici e visionari, famosi in tutta Europa, come Gennaio a Padova: un capolavoro assoluto, con il suo orizzonte basso che taglia le fronde degli alberi, di cui vediamo solo il tronco agitato e nervoso.

Il seguito sulla rivista.

di Tina Lepri

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