È di nuovo Natale e non abbiamo imparato nulla
Scambio di doni, luci colorate, abeti addobbati, tavole imbandite. Dove si può. Dove non è passata l’alluvione, dove non ci sono stati lutti, dove non c’è guerra, dove non c’è povertà. Ce lo diciamo ogni anno, a Natale, che dobbiamo diventare più buoni. Lo abbiamo scritto da bambini, nelle letterine che si mettevano sotto il piatto del papà perché le leggesse e la famiglia si commuovesse a quei pensieri. Lo abbiamo promesso a genitori, amici, maestre, fidanzati e fidanzate… Ma sempre di meno, a mano a mano che diventavamo adulti. Come se il tentativo di essere buoni non fosse più un obiettivo da persone mature. E così, non solo noi, ci ritroviamo in società, Paesi, contesti storici in cui la bontà non è più considerata una virtù. Ne si storpia persino il nome in «buonismo» per ridicolizzarla e lasciare il campo a odio, rancore, vendetta, cinismo.
Il seguito sulla rivista.
di Annachiara Valle