Se la donna è considerata gerarchicamente inferiore

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Quando nella politica e nella società torna l’idea che il mondo sia diviso in parti, i processi culturali contro gli stereotipi regrediscono. E aumentano le vittime.

Se proviamo a chiedere ai motori di ricerca quali siano le cause della violenza nei confronti delle donne, emerge che tali atti «sono causati da un sistema di credenze culturali che di frequente considera la donna in una posizione gerarchicamente inferiore all’uomo». Credenze culturali. Gerarchicamente inferiore.
Se interroghiamo ancora i motori di ricerca chiedendo cosa induce un uomo a usare violenza fino al punto di uccidere una donna, la risposta è: «Una mancanza di cultura, un edonismo sfrenato, un diffuso narcisismo, una abitudine alla sopraffazione che è la nicchia ecologica all’interno della quale possono inserirsi molto precocemente segnali di violenza». Vero, ma l’edonismo e il narcisismo non sono in aumento solo negli uomini. La mancanza di cultura, in generale e nello specifico, cioè cultura di genere, non è un vulnus solo degli uomini visto che continuiamo a educare i maschi a essere maschi e le femmine a fare le femmine.
La domanda alla quale nessun motore di ricerca, però, risponde è perché il numero di femminicidi aumenti di anno in anno. Perché ogni volta le donne accettano di andare da sole all’appuntamento chiarificatore. Perché la violenza sulle donne si fa sempre più brutale, di gruppo e da esibire. Perché l’uomo preferisce uccidere piuttosto che lasciar andare un amore finito o farsi aiutare da terapisti esperti. Perché, nonostante la maggiore consapevolezza di tutti e tutte, nonostante le leggi e le campagne di sensibilizzazione, la violenza, l’usare violenza in una relazione sia una pratica che fatichiamo a disinnescare culturalmente.
Siamo in un tempo indubbiamente più violento rispetto a quello di alcuni anni fa. Le gerarchie forte-debole, vinto-vincitore sono tornate a essere modelli e modi che organizzano le agende politiche e sociali.
Siamo in un tempo culturalmente più propenso a pensare le comunità ricentralizzando i concetti di identità, possesso, proprietà, individualità. Siamo più individui che persone. Più gruppi social che comunità.

Il seguito sulla rivista.

di Elvira Zaccagnino

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