Un moderno intellettuale 

Nato 150 anni fa, Charles Péguy fu uno scrittore originale e prolifico. Uno dei più innovativi pensatori cristiani, che continua a parlare al presente, mettendo al centro la fede, la speranza, il vero

«C’è qualcosa di peggio / che avere un’anima perversa: / è avere un’anima di tutti i giorni. / Di un’anima pagana si può fare / un’anima cristiana. / Ma di quanti / non sono nulla, / né antichi né moderni, / né spirituali né carnali, / né pagani né cristiani, / di loro, / i morti vivi, / che cosa ne faremo?». Questa poesia così lapidaria è di Charles Péguy, lo scrittore e poeta nato 150 anni fa a Orléans, in Francia, e morto quarantenne nelle trincee della Prima guerra mondiale. 
Orfano di padre a pochi mesi, cresce con la mamma e la nonna, entrambe impagliatrici di sedie, in una famiglia umile. Grazie a una borsa di studio riesce a iscriversi al liceo inferiore e, con un finanziamento municipale, a trasferirsi a Parigi dove si diploma. Nel 1894, al suo secondo tentativo e dopo la leva militare, viene ammesso all’École Normale. L’esperienza è straordinaria: incontra e frequenta il filosofo Henri Bergson, si infatua delle idee socialiste e si arricchisce culturalmente. Una volta ottenuta la licenza in Lettere e il baccalaureato in Scienze, abbandona gli studi e fa ritorno nella città natale, dove comincia a scrivere un dramma su Giovanna d’Arco, che pubblica nel 1897. Il libro, che vende appena una copia, descrive un’eroina che vive il bisogno di una salvezza assoluta. 
Dopo un periodo di insegnamento e intenso impegno politico, investendo ogni avere – inclusa la dote della moglie –, Péguy apre a Parigi la Libreria Bellais. L’attività ha breve vita e a essa segue, nel 1900, l’avventura dei Cahiers de la Quinzaine, una rivista volta a ricercare e mettere in luce nuovi talenti letterari pubblicando le loro opere. È con questo progetto che incrocia esponenti di spicco della cultura letteraria e artistica del periodo, come Romain Rolland, Julien Benda, André Suarès. Il quindicinale esce per tredici anni grazie agli amici: Péguy, senza denaro, vi lavora fino all’ultimo giorno facendo tutto da solo per 229 numeri. 
Nel 1907, dopo aver abbandonato il socialismo, riabbraccia il cattolicesimo, non riconoscendosi come un convertito, ma come una persona che è sempre stata cattolica e che ha «ritrovato la fede». Riscrive così il dramma giovanile, che diventa Il Mistero di Giovanna d’Arco, a cui ne seguiranno altri due: Il portico del mistero della seconda virtù e il Mistero dei santi innocenti. Anche queste opere vengono ignorate, soprattutto dal mondo cattolico, che gli rimprovera di non essere «ortodosso», in quanto sposato civilmente e con i figli non battezzati.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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