Il tempo ritrovato

Nel centenario della morte, ricordiamo Marcel Proust, autore della Recherche. Un’opera che, come tutti i grandi capolavori, non smette di parlare a noi oggi.

Roberto Calasso, fondatore della casa editrice Adelphi, grande intellettuale recentemente scomparso, alle presentazioni dei suoi libri amava ripetere che «chi non ha mai letto Proust non può capire il Novecento». Si arrenda chi pensava bastasse l’Ulisse di James Joyce, la vorticosa prosa di Michail Bulgakov, la scrittura cesellata di Vladimir Nabokov. Le quasi 4 mila pagine di Alla ricerca del tempo perduto sono imprescindibili. Coloro che possono dichiarare l’impresa restano pochi: leggere Marcel Proust è impegnativo, richiede tempo e concentrazione, con lui «ci si sposa o si tagliano i ponti per sempre», osserva Alessandro Piperno, che per amore di questo autore ha cambiato studi universitari ed è oggi un noto francesista. In Proust senza tempo, il saggio appena uscito per Mondadori, racconta che tutto ha avuto inizio con uno dei volumi della Recherche regalatogli per Natale: la fascinazione che ne è scaturita ha cambiato il corso della sua vita. Non è l’unico, però. Anche Vasco Rossi ha raccontato che il capolavoro proustiano, sfogliato quando aveva vent’anni, lo ha salvato dalla depressione. Un libro affascinante, difficile, intricato, composto tra il 1909 e il 1922 in una stanza tappezzata di sughero per evitare distrazioni, scrivendo febbrilmente di notte e dormendo di giorno, nel totale isolamento. Gli ambienti e la vita sociale del tempo sono descritti perfettamente perché Proust, fino a qualche anno prima, ne era un assiduo frequentatore. L’opera mostra il declino di un mondo che tramonta definitivamente con la Prima guerra mondiale, il crollo dell’aristocrazia e l’ascesa della classe borghese, vizi e virtù della upper class parigina. Il protagonista, che presenta elementi autobiografici, racconta le varie tappe della propria esistenza, gli ostacoli da superare per giungere alla rivelazione dell’arte, che permette di scoprire la bellezza nascosta del mondo e la verità profonda degli esseri umani.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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