La scuola delle regole “gentili” 

A settant’anni dalla morte di Maria Montessori, il suo metodo educativo è ancora innovativo. E ha generato varie esperienze, che hanno portato nelle aule i valori dell’impegno, del rispetto e di una libertà consapevole.

«Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo», si legge sulla tomba di Maria Montessori. Sono trascorsi settant’anni dalla sua morte e questa preghiera è più attuale che mai. Come confidava in una lettera a Sigmund Freud, «risolvere il conflitto adulto-bambino», prerogativa del suo metodo, «significa porre le basi per un’umanità pacificata».
Si stima che nel mondo vi siano circa 65 mila istituti montessoriani. Molti si trovano negli Stati Uniti, in Olanda rappresentano un terzo delle scuole pubbliche. Se ne contano meno in Italia, dove non si arriva a 200, «per ragioni di politica educativa e questioni ideologiche», come spiega Daria Gabusi, professoressa di Storia della pedagogia e dell’educazione all’Università Cattolica di Brescia. «All’inizio del Novecento nel nostro Paese è stato scelto il metodo del pedagogista tedesco Friedrich Fröbel, a cui si sono affiancate due sperimentazioni: quella montessoriana e quella di Pietro Pasquali e delle sorelle Carolina e Rosa Agazzi. Negli anni Trenta, dopo l’opposizione della Montessori al fascismo, il ministro Giuseppe Bottai definì quello di Pasquali-Agazzi il “metodo italiano”. Ragion per cui anche nel dopoguerra è rimasto il più diffuso», prosegue. 
Un’occasione persa perché la radice del pensiero pedagogico montessoriano è ancora viva. «Il germe vitale del bambino, liberato dalla tirannia del modello adulto, può germogliare in un ambiente adatto attraverso l’impiego di materiali didattici, chiamati dalla Montessori “mezzi di sviluppo psichico”», aggiunge la docente. «In questo percorso dall’eteronomia all’autonomia, il bambino impara ad autoregolarsi, a portare l’errore fuori di sé, a riconoscerlo senza aiuto esterno, identificando così i principi del bene e del male: si tratta di attività che costruiscono un’educazione morale». È evidente che il metodo sia ancora valido, al di là delle necessarie attualizzazioni. Inoltre, specifica la professoressa, «si combina facilmente anche con altre intuizioni, il che è fondamentale per una formazione armonica».

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini 

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