Perché gli uomini maltrattano

Nella Giornata internazionale contro la violenza di genere, il “filosofo femminista” Lorenzo Gasparrini indaga la questione anche dal punto di vista maschile, mettendo in luce fragilità e debolezze dell’uomo contemporaneo.

Il 25 novembre è la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. Già il fatto che questa Giornata sia internazionale suggerisce l’idea che i femminicidi attraversano culture, Paesi, ceti sociali. C’è un’unica peculiarità, ovvero che sono atti di violenza compiuti da uomini nei confronti di donne. Omicidi non realizzati da sconosciuti, ma da mariti, fidanzati, conviventi, ex, che magari si sentono abbandonati. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat, il 55 per cento dei femminicidi è commesso da un partner o ex partner, il 25 per cento da parenti, l’1,5 per cento da un’altra persona che la vittima conosceva (amici, colleghi…). In Italia nel 2021 i femminicidi hanno già raggiunto quota 83 e sono destinati a superare i cento entro la fine dell’anno. Non sono numeri in crescita, a dire il vero, anzi, negli anni c’è stato un lieve calo, a fronte però di una diminuzione molto più consistente del numero di omicidi in generale. Insomma, il numero assoluto di femminicidi diminuisce, ma aumenta la sua incidenza. E, soprattutto, non accenna a calare ciò che c’è dietro, ovvero violenze domestiche, fisiche, psicologiche o altro. Non solo, un atto di violenza è per sempre e, come ricorda lo stesso istituto di statistica, quasi una donna italiana su tre (il 31,5 per cento) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Lorenzo Gasparrini – «filosofo femminista» per sua stessa definizione e autore di libri come Perché il femminismo serve anche agli uomini (Eris, 2020), No. Del rifiuto e del suo essere un problema maschile (Effequ, 2019), Non sono sessista, ma… Il sessismo nel linguaggio contemporaneo (Tlon, 2019) e Diventare uomini. Relazioni maschili senza oppressioni (Settenove, 2016) − osserva: «Molti dei problemi di cui parliamo sono generati da un’idea di maschio sbagliato che si è costruita nel tempo: quell’idea che vuole il maschio come duro, vincente, competitivo. È questa idea che porta i maschi a stare male nel momento in cui non sono in grado di rispondere alle sollecitazioni».

Il resto sulla rivista.

di Thomas Bendinelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *