Giustizia per le donne

In Messico avvengono in media dieci femminicidi al giorno. E le proteste femministe vengono soffocate nel sangue dalla polizia. Contro tutto ci ta lottando l’attivista Wendy Galarza, sostenuta da Amnesty International.

La mattina del 9 novembre 2020 Wendy Galarza si è alzata, ha fatto colazione come al solito con il suo caffè, si è infilata una camicetta nera, un paio di pantaloni neri e le sue scarpe da tennis preferite e poi, con il fidanzato Abel, è uscita, diretta alla Procura generale di Cancùn, in Messico. Lì l’aspettavano altre ragazze vestite di nero come lei, riunite davanti a quel palazzo per protestare contro il femminicidio di Alexis, l’ennesimo in un Paese in cui nel solo 2020 sono state assassinate 3.723 donne, delle quali almeno 940 per colpa di un familiare o di un ex partner. «Raccontare com’ero vestita è importante», dice oggi Wendy, che era presente a Milano all’evento Donne e diritti umani. Cosa significa lottare per i diritti in Messico, organizzato da Amnesty International. «L’abbigliamento fa parte di una narrazione di genere basata su stereotipi. Secondo la logica maschile e patriarcale che domina la società messicana la donna deve presentarsi sempre in modo rassicurante e deve rispettare il ruolo che le assegna l’uomo, non solo nei codici di comportamento, ma anche nel modo di vestire. Una donna, specie se giovane, deve essere sempre “carina”: ben vestita, ordinata, sorridente, e preferibilmente con addosso qualcosa di colorato o di bianco. Noi, per contro, decidendo di vestirci di nero abbiamo trovato il modo di gridare alla società che questi stereotipi ci stanno stretti e che vogliamo cambiare tale narrazione».
Vestirsi di nero, però, in Messico significa anche rischiare la pelle. Come è successo alla stessa Wendy quella mattina. «Dalla Procura generale, abbiamo marciato pacificamente fino alla piazza del Municipio», prosegue. «Una volta lì, qualcuno ha acceso falò, qualcun altro ha scritto sui muri chiedendo giustizia per Alexis. E a quel punto è intervenuta la polizia: ha caricato, manganellato, addirittura violentato alcune manifestanti. E ha sparato, ferendo 13 persone, tra cui due giornalisti e me».

Il seguito sulla rivista.

di Annalisa Misceo

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