Andar per orti, oasi di verde e di benessere

Orizzontali o verticali. Tradizionali o innovativi. In campagna o in città. E ora anche nelle scuole, grazie a un progetto di Slow Food. Perché la terra
educa e insegna. E ci fornisce cibo buono, sano per noi e per il pianeta.

«Sono una contadina. Amo essere contadina. Sono nata a Burim. Mio padre è stato ucciso quando avevo cinque anni. Eravamo quattro bambini. Mia madre aveva 28 anni e ci ha cresciuti lavorando la terra. Amo questa terra perché ci ha permesso di vivere. Mia nonna ha insegnato le sue conoscenze sulla natura a mia madre, mia madre a me e io le insegno a mia figlia. Questo latte è delle pecore che alleviamo noi, per questo ci fidiamo. Le uova sono delle mie galline. Queste fave fresche e questi peperoni verdi arrivano dal mio orto, dove trovo tutto ciò che mi serve in cucina: cipolle, lattuga, prezzemolo… Il pane lo faccio io. La farina arriva da questi campi e anche il grano. Amo specialmente l’ulivo, lo curo come un figlio. L’ulivo è il pilastro della nostra casa: se ci sono pane e olio, non c’è bisogno di nient’altro. E possiamo ringraziare Dio. La generosità della terra è ciò che ci permette di vivere. La cucina è ciò che mi dà gioia, che mi rende felice». Sono le parole di Doha Asoos Mona, contadina palestinese che ha partecipato qualche anno fa a Terra Madre, l’evento internazionale organizzato da Slow Food. Raccolta dalla rivista Nautilus, l’intervista racconta ancora una volta l’impegno delle donne per la natura e il Creato. Si dirà: oggi è una necessità, in un mondo dominato da guerre e da violenze. Ma le donne sono sempre in prima linea, in ogni angolo del pianeta, a rammendare pezzi di vita e a tessere intrecci con l’ambiente, creando resilienza e solidarietà.
La Terra sembra non avere più fiato e respiro sufficienti per far crescere in armonia i frutti, le piante, i fiori. Le particelle dell’inquinamento e il cambiamento climatico ci mettono davanti alla necessità di fare scelte controcorrente. La grande distribuzione e la globalizzazione selvaggia che hanno aumentato i costi della produzione e la burocrazia, soprattutto nel settore agricolo (vedi la recente protesta dei trattori), inducono una parte dell’umanità a inventare soluzioni innovative. E allora via libera ai progetti rigenerativi a sfondo green.
In questo contesto, lungimirante è l’iniziativa degli orti di Slow Food nelle scuole di tutta Italia, che, per l’anno 2023-2024, ha tenuto e tiene impegnati gli studenti sui temi di agricoltura e ambiente. L’orto salva la vita, crea amicizia sociale e tende la mano all’ambiente.
I numeri, anzitutto. Come sottolinea anche l’associazione, in Europa un bambino su tre è sovrappeso o obeso. In Italia le percentuali sono ancora più elevate: 41 per cento tra i maschi e 38 per cento tra le femmine. Il dato, che emerge dal rapporto Childhood Obesity Surveillance Initiative pubblicato lo scorso novembre dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), colloca il nostro Paese al quarto posto a livello continentale e dimostra l’importanza di avvicinare i bimbi fin da piccoli a un’alimentazione sana ed equilibrata. Per Slow Food non è, infatti, tanto il consumo eccessivo di cibo la causa di questi problemi, quanto piuttosto la diffusione di alimenti di scarsa qualità.
Qualità mediocre che va a braccetto con spreco alimentare. Due aspetti che condividono le stesse radici: l’approccio al cibo come bene economico, invece che come risorsa vitale.
Ecco perché Slow Food ha deciso di rinnovare il proprio trentennale impegno nell’educazione alimentare, a partire dalle scuole, con la convinzione che sia possibile cambiare abitudini se ci si lascia guidare dal gusto e dalla curiosità per il cibo.
Lo scorso anno il progetto ha coinvolto moltissime classi in tutta la penisola: sensibilizzare gli insegnanti, gli studenti e le loro famiglie al valore degli alimenti come elemento cardine per la salute dell’uomo e dell’ambiente è uno sforzo che allarga gli orizzonti di democrazia. La cura dell’umano e del Creato parte dall’orto, attraversa la scuola e arriva fino a casa, in famiglia, innescando un cambiamento positivo nelle abitudini di ogni giorno.

Il seguito sulla rivista.

di Gianni Di Santo

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