Liberaci dal male
Guerre, criminalità, violenza. Il mondo sembra sprofondare nel peccato. Eppure la Risurrezione di Cristo, fulcro della fede cristiana, è una testimonianza di speranza, che segna la vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre. E che promette anche a noi eterna redenzione.
Davanti al male emerge spesso un atteggiamento di resa, un allargare le braccia che rischia di lasciare campo aperto alla sconfitta e all’abbattimento. In tante situazioni il male sembra avere l’ultima parola. Invece occorre trovare la forza di dire di no. È necessario mettere il male in uno spazio preciso, guardarlo e osservarlo per capirlo. Un aiuto può venire dall’interpretazione cristiana dell’origine del male e della sofferenza, pur sapendo che non arriveremo mai a una comprensione definitiva. C’è il peso della condizione umana che si confronta con una serie di fratture insormontabili, come quella correlata alla morte o – più quotidianamente – ai conflitti dirompenti di uomini e donne nei diversi ambiti, la famiglia, il lavoro, l’economia, la politica. E, ancora più radicalmente, una frattura la si sperimenta dentro di sé, una separazione dall’Assoluto. Eppure quest’ultimo rimane una aspirazione profonda, anche se talvolta sembra allontanarsi. Uomini e donne sperimentano nell’esperienza del male una misteriosa solidarietà, in cui ciascuno è allo stesso tempo vittima e colpevole. Vittima, perché entra in un mondo già segnato da un male oggettivo che gli ricadrà addosso: il male ci precede sempre. Colpevole, perché diventa subito complice, aggravando le sventure dell’umanità. Nessuno ha inventato il male, nessuno lo ha iniziato, ma tutti lo ricominciano.
È un fenomeno “originale”, poiché è nella società segnata dal male che ogni persona esprime sé stessa. Ma il male è anche il frutto di un gioco di libertà, in cui ognuno ha la sua parte di responsabilità. Il male ci fa sperimentare la solidarietà delle libertà. Ogni epoca, ogni cultura trasmette uno stato morale, una serie di giudizi di valore, che includono punti ciechi e distorsioni. Nessuna cultura è innocente e anche il male è parte della connessione che lega intimamente le persone. Questa condizione “originaria” di ciascuno viene chiamata dalla fede cristiana peccato originale, un’espressione che descrive la realtà complessiva dell’umanità e non si ferma al solo peccato di Adamo raccontato nelle prime pagine della Bibbia. Ciò che la nostra esperienza chiama male e colpa, la rivelazione la chiama peccato, nel senso di uno stato generale di peccato che si oppone a Dio e al suo disegno sull’uomo. Questo peccato ci tocca universalmente.
Il seguito sulla rivista.
di Roberto Ponti