Per una Pasqua migliore
Papa Francesco ci invita a vivere la Quaresima riconoscendo i tanti crocifissi del nostro tempo. Per costruire insieme un mondo nuovo, all’insegna della carità e della speranza.
«L’esodo dalla schiavitù alla libertà non è un cammino astratto. Affinché concreta sia anche la nostra Quaresima, il primo passo è voler vedere la realtà». È l’invito di papa Francesco, nel messaggio quaresimale che ha come tema Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà. Le parole di Bergoglio tracciano la strada per prepararsi a vivere la settimana santa e in particolare il triduo pasquale, cuore dell’anno liturgico. Nella Pasqua, infatti, la Chiesa ricorda ogni anno la passione, la morte e la resurrezione di Gesù: l’ingresso in Gerusalemme accolto dalla folla festante con in mano i rami d’ulivo e le palme, l’ultima cena con l’istituzione dell’Eucaristia, la condanna ingiusta, la flagellazione, la via crucis, la crocifissione, la morte, la sepoltura, per poi giungere alla resurrezione.
Il suggerimento del pontefice è, dunque, quello di vedere la realtà, ovvero i tanti crocifissi del nostro tempo. «Anche oggi», scrive il Papa, «il grido di tanti fratelli e sorelle oppressi arriva al cielo. Chiediamoci: arriva anche a noi? Ci scuote? Ci commuove? Molti fattori ci allontanano gli uni dagli altri, negando la fraternità che originariamente ci lega. Nel mio viaggio a Lampedusa, alla globalizzazione dell’indifferenza ho opposto due domande, che si fanno sempre più attuali: “Dove sei?” e “Dov’è tuo fratello?”. Il cammino quaresimale sarà concreto se, riascoltandole, confesseremo che ancora oggi siamo sotto il dominio del faraone. È un dominio che ci rende esausti e insensibili. È un modello di crescita che ci divide e ci ruba il futuro. La terra, l’aria e l’acqua ne sono inquinate, ma anche le anime vengono contaminate. Infatti, sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà».
Bergoglio, inoltre, offre una riflessione utile per un esame di coscienza che possa preparare a vivere in pienezza la festività: «Chiediamoci: desidero un mondo nuovo? Sono disposto a uscire dai compromessi col vecchio? La testimonianza di molti fratelli vescovi e di un gran numero di operatori di pace e di giustizia mi convince sempre più che a dover essere denunciato è un deficit di speranza. Si tratta di un impedimento a sognare, di un grido muto che giunge fino al cielo e commuove il cuore di Dio. Somiglia a quella nostalgia della schiavitù che paralizza Israele nel deserto, impedendogli di avanzare. L’esodo può interrompersi: non si spiegherebbe altrimenti come mai un’umanità giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli di sviluppo scientifico, tecnico, culturale, giuridico in grado di garantire a tutti la dignità brancoli nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti». Non a caso il Papa ha scelto come motto dell’ormai imminente Giubileo 2025 Pellegrini di speranza. A questa virtù teologale Benedetto XVI ha dedicato la seconda delle sue tre encicliche: Spe salvi. Un testo che merita di essere riletto in questo 2024 che Francesco ha voluto dedicare alla preghiera in vista dell’Anno santo.
Il seguito sulla rivista.
di Francesco Antonio Grana