La povertà nemica dei diritti

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Quando mancano i soldi per il cibo, l’affitto, le bollette anche la dignità viene compromessa. Eppure l’indigenza non è una condizione immutabile. Si può combattere, con l’aiuto di tutti.

Tutto da perdere, l’ultimo rapporto su povertà ed esclusione sociale della Caritas italiana, pubblicato in occasione della 7ª Giornata mondiale dei poveri istituita da papa Francesco, contiene i dati registrati sulle piattaforme informatiche nel 2022 sul territorio nazionale. Stando al documento, si contano oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7 per cento della popolazione. In pratica, un residente su dieci oggi non ha accesso a una vita dignitosa. Una realtà inaccettabile, che evidenzia una sconfitta anche per la società. L’Italia è il Paese europeo in cui la trasmissione intergenerazionale di condizioni sfavorevoli risulta più frequente: ciò significa che, molto probabilmente, chi nasce povero lo rimarrà anche da adulto. E questo costituisce una violazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le democrazie occidentali, enunciati anche nell’articolo 3 della nostra Costituzione.
Nelson Mandela affermava: «Sconfiggere la povertà non è un atto di carità, è un atto di giustizia». La povertà costituisce, infatti, la più grande violazione della dignità umana. Nella Dichiarazione di Vienna e nel Programma d’azione della Conferenza mondiale sui diritti umani del 1993 si legge che «l’esistenza di una povertà estrema diffusa impedisce la piena ed effettiva fruibilità dei diritti umani; la sua immediata riduzione ed eventuale eliminazione deve rimanere di massima priorità per la comunità internazionale». La povertà può essere sia la causa sia il risultato della violazione dei diritti umani: ciò significa che ignorare i diritti umani può causare povertà, ma anche che la povertà stessa può aumentare le violazioni dei diritti.

Il seguito sulla rivista.

di Lia Pasqualina Stani

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