Quando l’uva è una benedizione

Qualcuno l’ha già cominciata ad agosto, qualcun altro la terminerà a novembre. La vendemmia, un tempo celebrata sui quaderni di scuola come tipica del mese di ottobre, viene anticipata, complici i cambiamenti climatici, in molte parti del territorio italiano. Risultato della raccolta precoce sono, per esempio, i vini Pinot Nero, Sangiovese, Negramaro, Trebbiano, Falanghina.
Ci sono, però, anche uve che maturano tardi e raggiungono il periodo migliore per la raccolta nei giorni intorno a Ognissanti. I vini che ne derivano sono tendenzialmente più dolci, caratterizzati da un aroma intenso e da una gradazione alcolica più elevata.
Sono sapienza, esperienza, tecnologia a suggerire il momento giusto per tagliare i grappoli, avviando il magico processo di fermentazione che, dopo una paziente attesa, porterà nei nostri calici i profumi di una bevanda antica quanto l’uomo.
Ne parla anche la Bibbia, associando il vino al segno della benedizione di Dio. Infatti, già nella Genesi, Melchisedek, sommo sacerdote, offre ad Abramo pane e vino, mentre Isacco augura a Giacobbe, suo figlio, «abbondanza di frumento e di mosto» e a sua volta Giacobbe, benedicendo il figlio Giuda, associa la venuta del Messia alla vite e all’uva. Nel Deuteronomio, Dio concede al popolo di Israele di vivere in una terra che produce «frumento e mosto».

Il seguito sulla rivista.

di Valeria Nobili

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