La prima vera diva

Cinquant’anni fa, il 26 settembre, moriva Anna Magnani. Attrice indimenticabile, simbolo del Neorealismo, i cui film hanno fatto la storia. Del cinema e non solo.

Sono passati solo cinquant’anni, ma sembra un’era geologica. La mattina del 26 settembre 1973 si spegneva a Roma, in una stanza della clinica Mater Dei, Anna Magnani. A stroncarla un tumore al pancreas. Ad assisterla c’erano il figlio Luca (nato dalla relazione con l’attore Massimo Serato) e il regista Roberto Rossellini, grande amore con il quale, negli ultimi anni, c’era stato un riavvicinamento. Proprio Rossellini (che nel 1949 le aveva spezzato il cuore lasciandola per Ingrid Bergman) volle occuparsi della cerimonia funebre: migliaia le persone assiepate attorno alla chiesa di Santa Maria Sopra Minerva. Poi la sepoltura nel cimitero di San Felice Circeo, non lontano dalla villa al mare dove lei amava ritirarsi. Con la Magnani, il cinema perdeva l’attrice simbolo del Neorealismo e Roma colei che più di ogni altra aveva saputo incarnare sullo schermo la forza dei sentimenti, la spontaneità popolana. Anna non era bella, ma aveva fascino, uno strano magnetismo. Ed era brava, molto brava. Aveva 65 anni quando morì e, invecchiando, avrebbe ancora potuto esprimere il meglio di sé davanti alla cinepresa. Se ne andò troppo presto. Oggi l’avvolge un’aura da star, la prima vera diva del cinema italiano. Per l’Oscar vinto nel 1956 recitando in La rosa tatuata di Daniel Mann (sei anni prima del trionfo di Sophia Loren con La ciociara), ma anche per film che hanno fatto la storia: Roma città aperta di Rossellini, Bellissima di Visconti, L’onorevole Angelina di Zampa, Mamma Roma di Pasolini, Nella città l’inferno di Castellani, Roma di Fellini. Chi non ha negli occhi la scena, magari vista di sfuggita in tv, della Magnani che corre dietro al camion dei nazisti che le sta portando via il marito? Lei grida il suo nome: «Francesco! Francesco!». Poi la raffica di mitra che strozza per sempre la sua voce disperata. È la scena simbolo del Neorealismo italiano, famosa in tutto il mondo. Eppure, provate a chiedere oggi a chi ha meno di cinquant’anni chi era Anna Magnani. Vi risponderà a fatica. Colpa della straordinaria accelerazione vissuta dal mondo dello spettacolo negli ultimi decenni: le tv private, il cinema on demand, le piattaforme in streaming. Ci vuole fortuna per incrociare su qualche canale un film della Magnani. Ma, se la guardate, non vi staccate più.
«Come si fa a definire il suo fascino? Non era bella, anzi spesso cupa come il suo cane lupo color dell’ebano. Aveva sempre le occhiaie, un colorito terreo e i capelli neri come non si può immaginare, della consistenza di una matassa di seta pesante. Le gambe erano magre e un po’ storte, era piccolina e forte di fianchi. Però aveva un décolleté splendido, come pure lo erano le mani e i piedi. Dovunque entrasse in scena, non guardavi altri che lei. Era poi capricciosissima e prepotente». Così diceva della Magnani la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, che aveva collaborato con lei su tanti set e le è stata amica per tutta la vita.

Il seguito sulla rivista.

di Maurizio Turrioni

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