Quando anche il papà era un bambino

Getty Images

Abbiamo riso del loro papà. Con le mie figlie, in poco più di una mezz’oretta, poche settimane fa, abbiamo riso di gusto delle cose che scriveva il loro papà quando era bambino. Un attimo, qualcosa non torna: come «abbiamo»? E tu?
Sì, e qui sta il bello. Insieme abbiamo guardato le pagine raccolte ormai più di mezzo secolo fa. Un pacco di temini scritti in precario italiano e con qualche errore ortografico di troppo, che tuttavia lasciavano intravedere qualche barlume di creatività, di immaginazione, di fantastiche inconcludenze.
«Senti questa…», bisbigliava l’una all’altra, entrambe divertite nel leggere quello che era capace (si fa per dire) di scrivere il loro babbo in quinta elementare. Per inciso, tracce per nulla ordinarie né banali, considerando i tempi. Che mi hanno fatto tornare in mente il grande valore che ebbe per la mia formazione la mitica maestra Caterina Gemelli Mazzuca.
Conservate e recuperate, dopo un classico sgombero per vendita della casa, le paginette ora sono lì, tra le mani delle mie figlie, che, con garbo leggero (per nulla irriguardoso, ma spassionatamente divertito sì), rileggono pensieri, descrizioni, commenti antichi, con una grafia che rimanda a un passato che, in qualche modo, le riguarda. E io sono, tra le risate, immensamente felice.
Per così poco? Sì, certo, perché vedo nei loro occhi il piacere di conoscere le radici: domande su chi sia stato un certo amico citato fra le righe, richiesta di dettagli su un evento descritto, curiosità sulla maestra, sulla scuola, su qualche sconsiderata affermazione infantile, su un virgolettato di troppo (prematuri accenni di professione futura?), su ipotesi azzardate e comiche su numeri premonitori.

Il seguito sulla rivista.

di Vittorio Sammarco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *