Meglio soli che male accompagnati

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La solitudine può trasformarsi in risorsa? Sì, quando si impara a stare in silenzio, a interrogarsi, a pensare al passato con tenerezza e al futuro con fiducia.

Chi lo dice che la solitudine sia sempre da evitare? A volte può essere, invece, l’occasione per guardarsi dentro, per capire meglio sé stessi, per fare “pulizia” delle scorie che ci siamo portati dietro per tutto l’inverno. O, forse, per tutta la vita. Non è solo il proverbio «meglio soli che male accompagnati» a darci conforto. Soprattutto per chi è più in là con gli anni, l’esperienza insegna che cercare a tutti i costi una compagnia per paura di rimanere da soli non è sempre la scelta più saggia. Eppure non sono molte le persone che riescono a sopportare il peso dello stare con sé stesse. Ce ne siamo resi conto anche durante il forzato lockdown imposto dalla pandemia. Chi ha potuto condividere quel periodo con familiari, conviventi, amici di appartamento ha avuto vita più facile. Per altri, però, dopo un iniziale malessere, si sono aperte le strade del fare i conti con sé stessi, per capire i propri limiti e le proprie risorse, per rispolverare energie. Ed è questo che, emergenza sanitaria a parte, capita spesso nei periodi di vacanza: la solitudine può trasformarsi in risorsa. A patto, però, di saper riconoscere i segnali di malinconia e porvi rimedio.
Gli anglosassoni parlano di summer blues, una sorta di tristezza tipica dell’estate. Quando tutti associano la bella stagione all’idea di relax, vacanze, tempo libero, per alcuni si fanno spazio i pensieri negativi. Un po’ dipende da una predisposizione personale, un po’ da fattori contingenti come una separazione, un lutto, aspettative importanti che sono andate deluse… Se non si tratta di un malumore passeggero, ma ricorrono quasi ogni giorno e per un lungo periodo umore depresso, mancanza di interesse verso attività considerate piacevoli, senso di colpa, auto-svalutazione, difficoltà a concentrarsi o a pensare, è il caso di consultare il medico di base, uno psicologo o comunque un esperto che possa aiutarci. Se, invece, la tristezza non è così marcata può essere un buon momento per cercare di capire meglio chi siamo e cosa vogliamo. E anche per trovare nuove opportunità a misura dei nostri interessi.
Vivere in una sorta di tempo sospeso, soprattutto per chi trascorre la maggior parte della stagione estiva in città, non è semplice. Finite le scuole, con amici e parenti in vacanza, con i negozi preferiti chiusi per ferie, i punti di riferimento si affievoliscono. E poi pesa, anche se forse meno che nel periodo natalizio, l’idea di doversi mostrare felici e sorridenti, di dover raccontare le mete dei propri viaggi e mostrare le foto di quanto si sta bene sui vari social.
E allora, forti del vecchio adagio, possiamo provare a usare questo tempo per noi stessi. Per rimetterci in forma, per leggere quel libro che avevamo messo da parte, per andare a trovare l’amico che non vedevamo da tempo, per pregare, per rimettere a posto la casa, anche per annoiarci.
La parola d’ordine è prendersi cura di sé, liberarsi dalle richieste altrui, organizzare le giornate secondo i propri gusti, le proprie necessità e i propri desideri. D’altra parte, imparare a stare da soli, essere in sintonia col proprio sé, è il primo passo per stare bene anche con gli altri. Il punto chiave, però, è quello di fare le cose senza lo scopo di cercare un’anima gemella, un partner, un’amicizia a ogni costo. Ciò che fate dovete farlo per voi stessi. Dalla chiacchiera al bar sotto casa all’adottare un animale domestico, dalla passeggiata mattutina all’apericena, che, una volta tolto il freno, diventa piacevole anche da soli, tutto deve essere a propria misura. Senza l’ossessione di pensare al giudizio degli altri.

Il seguito sulla rivista.

di Antonio Dell’Anna

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