Agosto moglie mia non ti conosco

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A volte la vacanza può rivelarsi un inferno: private del lavoro o dei rispettivi spazi, le coppie o le famiglie con i figli sono costrette a stare insieme ogni minuto, condividendo le decisioni. E così, i nodi vengono al pettine e non è detto che le soluzioni siano le più pacifiche.

Nei secoli passati, quando la vita era scandita dai tempi della natura, agosto era il mese meno indicato per concepire un bambino: da qui il detto «agosto, moglie mia non ti conosco». Mettere in cantiere un figlio in estate significava, infatti, partorirlo in primavera, quando tutte le braccia, comprese quelle delle madri, erano chiamate a dare una mano nei campi. In anni più recenti, il vecchio adagio è stato, invece, riferito al fatto che i mariti, rimasti da soli in città mentre moglie e figli erano in vacanza, potevano concedersi più facilmente qualche flirt estivo. In proposito, celebre è il film di Billy Wilder, Quando la moglie è in vacanza, ambientato nell’America degli anni Cinquanta, in cui la vicina di casa dell’uomo rimasto a New York è Marilyn Monroe. Meno noto forse, ma altrettanto spassoso, è il romanzo di Achille Campanile del 1930, che ha per titolo il celebre proverbio: qui l’interpretazione è umoristica, per palati fini, capaci di leggere al di là della trovata farsesca delle cinture di castità a cui sono obbligati i naufraghi della nave Estrella.


Dal paradiso all’inferno
E oggi? Al tempo dei social e delle famiglie allargate, dello smart working e dei cellulari, agosto è ancora un mese in cui gli uomini (e anche le donne) approfittano dell’assenza del partner per tradire? In linea di massima no, perché – ahimé – si tradisce tutto l’anno. E poi in vacanza si va tutti insieme e quelle poche settimane di relax appaiono come un miraggio. A volte, però, quella manciata di giorni tanto attesi può rivelarsi un inferno: private del lavoro, delle occupazioni abituali, dei rispettivi spazi, le coppie e le famiglie sono costrette a stare insieme ogni minuto, condividendo ambienti, ritmi, decisioni. E così i nodi vengono al pettine e non è detto che le soluzioni siano le più pacifiche. Anzi, talvolta può bastare una parola fuori posto a scatenare un litigio. «Nel periodo delle vacanze i familiari si frequentano di più. Là dove c’è una crisi sottotraccia, la probabilità che esploda è elevata», commenta Francesca Turano, avvocato di Brescia.


Insofferenza per il conflitto
Ma non sono solo le coppie o le famiglie a non saper reggere la relazione. Capita tra amici, parenti, persino tra vicini di ombrellone. Per Gianmaria Palumbo, psicoterapeuta cognitivo comportamentale responsabile dello studio Il mio terapeuta di Roma, l’incapacità di gestire le situazioni conflittuali è una tendenza che peggiora di anno in anno e che, anche prima dell’avvento del covid, rappresentava una emergenza.
«Per quanto riguarda i coniugi», dice l’esperto, «spesso la separazione appare una soluzione pratica e immediata, ma il fenomeno affonda le radici in un contesto sociale che offre meno possibilità di imparare a gestire il conflitto». Cosa che, gli italiani, purtroppo, non sono ancora in grado di fare. Secondo l’indagine annuale del Censis, infatti, siamo il popolo più litigioso d’Europa. L’istituto di ricerca rileva «un clima in cui si afferma con forza il primato dell’io e la convinzione che le regole, anche quelle scritte, siano relative». Italiani e italiane di tutte le età sono poco inclini al dibattito, al confronto, al dialogo e vogliono sempre avere ragione. Un buon 85 per cento si arroga perfino il diritto di essere il giudice unico dei propri comportamenti in nome di una libertà ( la propria) che viene prima di tutto.

Il seguito sulla rivista.

di Elisabetta Gramolini

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