Il maestro del palcoscenico

A venticinque anni dalla morte, ricordiamo il regista Giorgio Strehler, fondatore del Piccolo Teatro di Milano. E la sua opera teatrale, che aiuta l’uomo a riconoscersi in ciò che è umano.

Regista, attore, talent scout ante litteram. Senatore della Repubblica, uomo di cultura con il grande sogno di un teatro europeo nel segno dell’inclusione, dello scambio, della fratellanza. Il primo ad aver immaginato la realtà dei teatri stabili e ad averne realizzato uno in Italia. Sono molte le ragioni per cui, a oltre cento anni dalla nascita e a 25 dalla morte, possiamo essere grati a Giorgio Strehler.
Nato a Trieste in una famiglia in cui si intrecciano lingue e arti – slavo il nonno, francese la nonna, di origini viennesi il padre –, rimasto orfano di quest’ultimo in giovanissima età, si trasferisce a Milano con la mamma violinista. Affascinato dal mondo teatrale, si diploma all’Accademia dei filodrammatici e debutta come attore durante la Seconda guerra mondiale. Ostile al regime fascista, nel gennaio del 1944 lascia l’Italia e si rifugia in Svizzera. Nel Campo di Mürren, dove viene detenuto, fonda un cineclub con Dino Risi e riesce a dare vita a una compagnia improvvisata. Una volta liberato, prosegue l’attività a Ginevra firmando gli spettacoli con uno pseudonimo.
Alla fine del conflitto fa ritorno a Milano, dove lavora come regista e critico. La città è in fermento e Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi riescono a persuadere l’allora sindaco Antonio Greppi che la rinascita dovesse essere anche culturale, con la presenza di luoghi che mettessero al centro il valore didattico dell’arte. Nel maggio del 1947 apre il Piccolo Teatro con l’opera L’albergo dei poveri di Maksim Gorkij.

di Marta Perrini

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