Il custode della memoria

A cent’anni dalla nascita, il ricordo di Mario Rigoni Stern, lo scrittore che amava la montagna. Al centro delle sue opere le tragedie della Seconda guerra mondiale, ma anche la natura e l’impegno etico.

Primo Levi, di cui era grande amico, lo considerava uno degli autori che più hanno contato nella sua formazione e «uno dei più grandi scrittori italiani». Lui si definiva un narratore, «colui che racconta ciò che ha vissuto o ha conosciuto attraverso esperienze altrui, divenendo portavoce di una memoria collettiva». La memoria, il tarlo della sua produzione letteraria, è ciò che ha contribuito a far conoscere Mario Rigoni Stern, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, ma che non ne esaurisce il profilo. «La particolarità dello stile, al tempo stesso lirico, chiaro e concreto, ne fa uno dei migliori narratori del nostro Novecento », afferma il suo biografo Giuseppe Mendicino. «Tuttavia, non è stata solo l’originalità della scrittura a renderlo un riferimento per tanti lettori, a creare un affetto ancora forte e diffuso, ma anche i suoi principi morali e il suo modo di sentire e interpretare la realtà». Una personalità sobria e schietta, nutrita dall’amore per la natura, che l’esperienza della guerra e della detenzione non ha indurito ma temprato, incapace sia di odiare, sia di tacere davanti alle ingiustizie. Nato ad Asiago nel 1921 da una famiglia umile (i Rigoni soprannominati Stern), terzo di otto figli, a 25 anni aveva scalato cime, combattuto su tre fronti di guerra e subìto venti mesi di prigionia nei lager tedeschi.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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