Wiktoria Ulmacustode della fede

I resti della famiglia beatificata nella chiesa di Santa Dorota a Markowa, in Polonia. Foto di Katarzyna Artymiak.

Proclamata beata, insieme al marito e ai sette figli, viveva il Vangelo, nascondendo gli ebrei in fuga dalla repressione nazista. Per questo
fu trucidata, ottant’anni fa, con tutta la famiglia, dai seguaci di Hitler.

L’Antico Testamento in due famosi passaggi del Libro dei Proverbi e del Siracide parla di una moglie ideale, che porta benedizione e serenità nella vita del marito: «Una donna virtuosa chi la troverà? Il suo pregio sorpassa di molto quello delle perle. Il cuore di suo marito confida in lei, ed egli non mancherà mai di provviste. Lei gli fa del bene, e non del male, tutti i giorni della sua vita» (Pr 31,10-12).
Un esempio di donna «virtuosa» e operosa secondo le parole della Bibbia è Wiktoria Ulma, moglie di Józef e madre di Stanisława, Barbara, Władysław, Franciszek, Antoni e Maria, rispettivamente di otto, sette, sei, quattro, tre e due anni. La coppia polacca è stata proclamata beata dalla Chiesa cattolica il 10 settembre 2023 insieme ai loro sette figli (in realtà sei, più il piccolo che teneva in grembo) e i due coniugi sono stati riconosciuti anche Giusti tra le nazioni in Israele. Nel 1942, durante l’occupazione nazista, quando Hitler decise la soluzione finale della questione ebraica, la famiglia Ulma accolse in casa e nascose per un anno e mezzo le famiglie ebree Goldman, Grünfeld e Didner, in tutto otto persone.
Il 24 marzo 1944, per colpa di un delatore – un poliziotto ucraino che ricattava gli ebrei nascosti – i nazisti e la polizia polacca complice del regime circondarono la casa della famiglia e catturarono gli ebrei presenti, che vennero giustiziati con un colpo alla nuca. Poi fu la volta di Józef e Wiktoria, che furono uccisi sulla porta di casa, davanti ai loro bambini e a molti abitanti del paese, costretti ad assistere all’esecuzione come monito.
Infastidite dal pianto disperato dei sei figli, le SS li sterminarono senza pietà. «Vi abbiamo tolto il fastidio di dover pensare a loro», sembra abbiano detto in tono beffardo ai compaesani atterriti, che videro uccidere sotto i loro occhi 16 persone in pochi minuti.
Quest’anno ricorrono 80 anni dalla tragica morte degli Ulma e 89 anni dal matrimonio di Wiktoria e Józef. E proprio il giorno delle loro nozze, il 7 luglio, è stato scelto come data della loro memoria liturgica. La vita di Wiktoria è rimasta un po’ all’ombra di Józef, il marito, più conosciuto perché era bibliotecario, attivo nella vita sociale della comunità e nella Gioventù cattolica. Aveva, inoltre, tante passioni, era un abile frutticoltore e un appassionato apicoltore. Divorava i libri e coltivava anche l’hobby della fotografia, grazie al quale oggi disponiamo di un’ottima documentazione fotografica della sua famiglia.
Wiktoria ha vissuto tutta la sua vita a Markowa, all’epoca il più grande villaggio a Sud della Polonia. Nata il 10 dicembre 1912, era la tredicesima figlia di Jan e Franciszka Niemczak, ma solo metà dei fratelli e delle sorelle arrivarono all’età adulta. Venne cresciuta da genitori contadini, ferventi credenti, e perse la madre a soli sei anni.
Non si conosce bene la storia d’amore tra Józef e Wiktoria. Forse si sono conosciuti attraverso il fratello di lei, che era amico di Józef. Quando si sposarono lui aveva 35 anni, lei 23.
Allora il ritmo della vita in campagna era scandito dal ciclo della natura, dalle stagioni e dalle feste religiose. La gente amava la terra, che era considerata un dono del Signore. Il grano, con il quale si faceva il pane e anche l’ostia eucaristica, era quasi sacro, lo si raccoglieva fino all’ultimo chicco.
Wiktoria amava profondamente il mondo rurale nel quale era cresciuta e anche nella casa sua e di Józef faceva il pane, curava la terra e il giardino, che si diceva fosse il più bello del paese, perché lei alternava le piante in modo che fosse sempre fiorito.

Il seguito sulla rivista.

di Anna Artymiak

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