Una ferita per sempre

A 50 anni dalla strage di piazza Loggia a Brescia, la verità è finalmente venuta a galla. Nel 2017 sono stati, infatti, condannati i mandanti, neo-fascisti esponenti della destra eversiva.

C’è il cielo plumbeo e piove la mattina del 28 maggio 1974 nella centralissima piazza Loggia a Brescia. È in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista organizzata dai sindacati e dal Comitato antifascista, quando verso le dieci un boato squarcia l’aria: una bomba con 700 grammi d’esplosivo, nascosta in un cestino dei rifiuti, scoppia nella piazza gremita. A terra restano oltre cento feriti. Otto persone perdono la vita: Giulietta Banzi Bazoli, insegnante di francese, 34 anni, madre di tre bambini; Livia Bottardi, 32 anni, insegnante di lettere morta davanti al marito Manlio Milani, che si è salvato perché si era allontanato per salutare un amico (sarà il presidente dell’Associazione familiari dei caduti di piazza Loggia); Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante di fisica, e la moglie Clementina Calzari, 31 anni, anche lei docente; Euplo Natali, 69 anni, pensionato ed ex-partigiano; Luigi Pinto, 25 anni, insegnante; Bartolomeo Talenti, 56 anni, e Vittorio Zambarda, 60 anni, entrambi operai.
Una strage di matrice politica, pensata e realizzata negli stessi ambienti eversivi di estrema destra che portarono a termine altri eccidi tra il 1969 e il 1980, i cosiddetti anni di piombo: piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 (17 morti), il treno Italicus il 4 agosto 1974 (12 morti), la stazione di Bologna il 2 agosto 1980 (85 morti).
Un decennio oscuro di storia dell’Italia repubblicana che assomiglia più a una serie tv sui narcos colombiani che a una democrazia: nel complesso sette atti terroristici mai rivendicati, se non per depistare, che provocano 135 morti e 560 feriti. Per non parlare delle stragi ideate, ma evitate. Una vera e propria strategia stragista, che non si fece mancare nemmeno un tentativo di colpo di Stato. Trame sviluppatesi con la complicità di servizi segreti nazionali e stranieri e con l’omertà di personaggi politici di spicco.

Il seguito sulla rivista.

di Alberto Laggia

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