Navalny, martirio e dignità

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Diciamocelo chiaramente: quanti di noi, al posto del dissidente russo da sempre nel mirino di Putin, sarebbero tornati in patria a difendere le proprie idee? In fondo era all’estero, al sicuro dopo essere scampato a un avvelenamento. Sapeva che sarebbe stato arrestato, che, molto probabilmente, in qualche modo, sarebbe stato ucciso. Avrebbe potuto girare il mondo ­– non gli sarebbero certo mancati gli inviti – a parlare, da fuori, di quanto il suo Paese non fosse libero, dello strapotere di Putin, della mancanza di democrazia, delle repressioni feroci cui sono sottoposti gli oppositori politici. Invece ha voluto testimoniare, fino alla morte, il suo amore per la Russia, condividere la sorte di chi lotta, nella propria terra, per seminare a vantaggio delle generazioni future. […] Ci sono ancora, e per fortuna, uomini e donne coraggiosi che, come è stato anche per i nostri partigiani, sono disposti a morire per difendere i propri ideali. Dovremmo ricordarlo in questo 25 aprile.

Il seguito sulla rivista.

di Annachiara Valle

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