Vocazioni social

Padre Daniele Drago, priore della Provincia domenicana del Nord Italia, racconta che, anche grazie a internet, molti giovani si sono avvicinati all’Ordine. Un segnale di speranza di fronte alla riduzione di novizi in tutte le congregazioni.

Internet, via privilegiata anche per le nuove vocazioni. Parola di padre Daniele Drago, priore della Provincia domenicana del Nord Italia, secondo il quale – dati alla mano – nelle comunità settentrionali dei Figli di San Domenico, fondatore dell’Ordine dei Predicatori, da qualche anno aumentano, anche grazie a questo strumento tecnologico, i giovani che scelgono di entrare nella congregazione. Cifre non da capogiro, ma che registrano comunque una controtendenza rispetto agli altri ordini religiosi, dove le vocazioni sono in sensibile diminuzione da qualche anno. Per i domenicani del Nord Italia la media degli ingressi è di circa 10-15 all’anno. «A sorprenderci è l’età di chi ci chiede di entrare in comunità: giovani dai venti ai ventisette anni, con un buon livello di studi, laureati, diplomati, persone che lasciano un lavoro sicuro. E anche sacerdoti diocesani che scelgono di diventare frati», spiega padre Drago, 48 anni, canonista, Giudice ecclesiastico a Bologna e docente alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) a Roma e alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna a Bologna. Padre Drago, i nuovi mezzi di comunicazione, a partire dalla rete, spesso vengono giudicati pericolosi. Nella provincia domenicana da lei guidata sono diventati, invece, strade privilegiate per le vocazioni. C’è un segreto alla base di questo successo? «Nessun segreto, ma solo l’uso positivo dei nuovi sistemi comunicativi, web in testa, frutto dell’intelligenza umana, dono di Dio. Si tratta di strumenti che, se usati bene come fa la grande maggioranza dei giovani, possono dare vita anche a cose buone. Nel nostro caso abbiamo riscontrato un aumento delle vocazioni giovanili». Perché si diventa novizi? «I motivi per cui da qualche anno tanti giovani bussano alle nostre porte possono essere tanti: la voglia di vita comunitaria, l’interesse per il nostro Ordine, il desiderio di intraprendere una nuova esperienza lontano dai clamori delle città, con l’obiettivo di arrivare a professare i voti perpetui ed essere sacerdoti dopo circa nove anni di formazione. Ma non escluderei nemmeno il fascino che ancora oggi, dopo secoli, continua a esercitare l’insegnamento del nostro fondatore e la teologia di san Tommaso d’Aquino». Ma in tutto questo, internet cosa c’entra? «Dagli inizi della pandemia, per poter continuare a dialogare con il mondo esterno, abbiamo costituito un gruppo formato da nostri frati esperti nell’uso dei mezzi di comunicazione via web: facebook, whatsapp, email…Giorno dopo giorno si è attivata una rete di rapporti che è andata via via aumentando. Una simbolica rete del pescatore del terzo millennio, lanciata nel grande mare dell’informazione. Abbiamo avuto un’incoraggiante risposta da parte di tanti giovani interessati a conoscere il nostro Ordine e la nostra vita». Quali sono gli argomenti affrontati in queste conversazioni online? «Tanti scrivevano per avere conforto, scambiare qualche parola, ottenere consigli, ma c’era anche chi chiedeva di essere aiutato a pregare. Non sarà stato un caso che, proprio a partire dall’inizio della pandemia, nella nostra provincia i giovani che hanno chiesto di entrare nell’Ordine sono aumentati sensibilmente, in media tra i cinque e i dieci all’anno».

Il seguito sulla rivista.

di Orazio La Rocca

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