I diritti delle donne

Sono molti i traguardi che il mondo femminile ha faticosamente raggiunto nel corso della storia, ma ancora oggi bisogna lottare per la parità salariale e contro la violenza di genere.

Donne, dimenticate dalla storia, ma anche dalla storiografia. Come se non bastasse il ruolo sociale che le ha “imbrigliate” per secoli, anche la nostra narrazione parziale non è esente da responsabilità. Quasi nessuno ricorda una compositrice donna – ce ne sono state, eccome – e solo qualcuno nomina le pittrici o le scrittrici. Prova ne è il fatto che in Italia solo il 6 per cento delle vie è intitolato a persone del gentil sesso.
Pochi lo sanno, ma le femmine hanno svolto un ruolo di primo piano anche per l’abolizione della schiavitù. Dalla seconda metà del Settecento al 1807, quando il Parlamento inglese proibì la tratta, le donne hanno, infatti, promosso campagne di solidarietà, boicottato i panettieri che utilizzavano lo zucchero proveniente dalle colonie, scritto romanzi (con pseudonimi maschili) per suscitare empatia verso protagonisti emarginati. Dai diritti degli schiavi ai loro. Cambia l’oggetto, ma prosegue la lotta, durissima. Nel 1791 l’attivista Olympe de Gouges, due anni dopo la dichiarazione dei diritti del cittadino in Francia, compone la dichiarazione di quelli della cittadina, secondo la quale «la donna nasce libera e rimane uguale all’uomo nei diritti e le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull’utilità comune».
«Per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso ed essersi immischiata (nella politica)», Olympe viene ghigliottinata nel 1793. È scoppiata la Rivoluzione francese, si sovverte tutto, tranne le discriminazioni: i primi club a essere proibiti sono quelli frequentati dalle signore.
A metà Ottocento, negli Stati Uniti si tiene il congresso di Seneca Falls, durante il quale si dichiara che «tutti gli uomini e le donne sono stati creati uguali, la storia del genere umano è una storia di ricorrenti offese e usurpazioni, attuate dall’uomo nei confronti della donna, al diretto scopo di stabilire su di lei una tirannia assoluta». È uno dei momenti fondativi del femminismo. A partire da qui prende il via una battaglia che si svolge in tantissimi settori, soprattutto quelli del lavoro e del voto, che attraverso i secoli arrivano fino a oggi. Dalle prime conquiste, come non dover lavorare nelle ultime settimane di gravidanza o di notte e avere almeno la metà del salario dei maschi, si arriva alla realtà odierna, che parla ancora di ingiustizie sociali ed economiche. Le femmine spendono in e per la famiglia il 90 per cento dei loro guadagni, i maschi il 30-40 per cento, una differenza che non si basa su una legge, ma su una mentalità.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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