Il monastero tuffato nel lago d’Orta

Sulla splendida isola di San Giulio sorge l’abbazia benedettina Mater Ecclesiæ fondata nel 1973. Un luogo di spiritualità e silenzio, perfetto per un itinerario quaresimale.

«Ascolta il silenzio. Ascolta l’acqua, il vento, i tuoi passi…Nel silenzio accetti e comprendi. Nel silenzio accogli tutto. Il silenzio è il linguaggio dell’amore. Il silenzio è la pace dell’io. Il silenzio è musica e armonia. Il silenzio è verità e preghiera. Nel silenzio incontri il Maestro. Nel silenzio respiri Dio». Le parole scorrono come l’acqua di un fiume, anzi, in questo caso di un lago. Perché il nostro itinerario quaresimale in cerca di luoghi dello spirito belli e accoglienti ci porta all’abbazia benedettina Mater Ecclesiæ, monastero femminile di clausura che sorge sull’isola di San Giulio nel lago d’Orta, in provincia di Novara. Cinquant’anni e qualche mese di storia. Una fondatrice importante, Anna Maria Canopi, morta a 88 anni il 21 marzo del 2019. Una personalità profonda, che lasciato alla sua comunità, ma anche a chi vuole intraprendere un cammino di ascolto, un’eredità ancorata alla tradizione della Parola meditata e all’accoglienza ospitale.
Sul sito del monastero (www.benedettineisolasangiulio.org, realizzato benissimo, moderno, accattivante e allo stesso tempo ricco di letture) si legge a proposito di meditazione: «Ogni viaggio comincia da vicino. I muri sono nella mente. Apri il tuo essere. Il momento è ora, qui, adesso. Abbandona l’io e il mio. Accettati, cresci, matura. Sii semplice, sii te stesso. Il saggio sbaglia e sorride. Se arrivi a essere ciò che sei, sei tutto. Quando sei consapevole, il viaggio è finito».
L’origine della comunità
Sì, vale davvero la pena incamminarsi verso questo scoglio tuffato nell’acqua e incontrare una realtà di clausura che guarda anche alla terra, non solo al cielo e al lago che la circondano. Una storia antica che si intreccia con il presente. A metà dell’Ottocento venne edificato sull’isola un seminario diocesano, che restò attivo fino al 1947, quando venne trasferito altrove e l’isola fu poco per volta abbandonata. Nel 1973 il vescovo di Novara, monsignor Aldo del Monte, chiese all’abbazia dei Santi Pietro e Paolo di Viboldone, frazione di San Giuliano Milanese, la disponibilità a inviare alcune monache per fondare un monastero. Con il sì di madre Canopi e di altre sei sorelle nacque l’attuale abbazia. Le religiose rappresentavano quasi tutte le età e tutte le tappe della vita monastica: quattro professe di voti solenni, una professa di voti semplici, una novizia e una postulante.
Il lavoro, la fatica, la gioia della preghiera. È tutto qui il miracolo di questo complesso monastico che attrae da sempre viaggiatori in cerca di sacro. E che ancora oggi dimostra una sua vitalità, spirituale e numerica, in netto contrasto con le statistiche sul monachesimo femminile che lo vedono in affanno. L’orario giornaliero e settimanale ruota intorno all’Ufficio Divino, alla preghiera corale e all’ascolto della Parola di Dio. Poi c’è l’accoglienza. Vita cenobitica e vita eremitica che vivono e crescono insieme, senza, però, trascurare l’accoglienza degli ospiti che arrivano in cerca di silenzio, preghiera, formazione spirituale. E di qualche parola di accompagnamento e conforto.

Il seguito sulla rivista.

di Gianni Di Santo

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