Come la culla in un presepe

Due storie, due neonati salvati. Uno in un cassonetto, l’altro su un barcone. Dobbiamo immergerci nel mistero della nascita di Gesù per accogliere, proteggere, integrare. È questo il significato del Natale che viene.

Lo scrittore irlandese George Bernard Shaw affermava che «la vita è una fiamma che via via si consuma, ma che riprende fuoco ogni volta che nasce un bambino». E la nascita di un bambino è la gioia più grande della vita. La stessa gioia che ci mette in attesa il giorno di Natale, quando nasce il bambino Gesù. In questa notte si compie la grande profezia di Isaia: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». Il Natale è la festa della vita.
«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra […]. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia al freddo, riscaldato dal respiro del bue e dell’asino nel gelo di questa grotta, perché per loro non c’era posto nell’alloggio», si legge nel Vangelo. Poteva nascere ovunque, magari in un luogo più accogliente. Ma così non è stato.
La grotta rappresenta il ventre materno. Per nove mesi è il posto più sicuro. Ci sono complesse vicende umane che trasformano quel “ventre di accoglienza” in un luogo di rifiuto. L’amore materno improvvisamente non è più l’assoluta certezza affettiva, ma tradisce e abbandona. Bambini vittime della solitudine che, come un filo rosso, genera sentimenti di smarrimento, acuiti da ignoranza, problemi economici, difficoltà familiari, che si trasformano in una quotidianità insostenibile, spingendo una madre a sbarazzarsi del proprio figlio.
È il 12 agosto 2023, sono da poco passate le sette del mattino. Alla centrale operativa 118 dell’Asl di Taranto arriva una richiesta di soccorso per un neonato. In una via del centro del capoluogo jonico, una donna è a passeggio con il suo cane, che inizia ad abbaiare in prossimità di un cassonetto dell’immondizia. Un comportamento insolito, che insospettisce la proprietaria dell’animale, che si avvicina finché non sente il gemito di un neonato. Scorge una busta in plastica nuova, di colore chiaro. Appena guarda all’interno, vede un bimbo avvolto in un pile, forse nato da poche ore, tanto da avere ancora il cordone ombelicale attaccato. L’ambulanza arriva sul posto in meno di tre minuti. Ai controlli dei soccorritori il piccolo è apparso in buone condizioni. Trasportato in ospedale, all’unità di Terapia intensiva neonatale, Lorenzo (questo il nome scelto dai sanitari) è stato sottoposto a ulteriori accertamenti. Immediatamente, da parte delle autorità, sono iniziate le ricerche per rintracciare la madre biologica. Si era preoccupata di lavare e profumare il neonato e di mettergli accanto un piccolo peluche. Ritrovata dopo poche ore, si trattava di una donna di 24 anni originaria della Georgia, arrivata da un mese in Italia. Spetterà al Tribunale per i minori valutare e decidere sull’affidamento del bimbo, dopo che la mamma lo ha riconosciuto, chiamandolo Gabriele, lo ha riabbracciato e allattato. Ha ammesso di averlo abbandonato per paura di perdere il suo lavoro di badante.

Il seguito sulla rivista.

di Lia Pasqualina Stani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *