Efficienza e flessibilità
Sarebbe bene valutare i dipendenti in base agli obiettivi raggiunti e alla qualità del lavoro svolto, piuttosto che in base alle ore trascorse in ufficio.
Tra le eredità che il Covid ci ha lasciato, c’è sicuramente lo smart working. Resta e si sta trasformando. Viene sempre più potenziata non solo la possibilità di lavorare da remoto, ma anche quella di essere smart worker nel vero senso della parola. Il che significa avere un modo di lavorare manageriale, fondato su flessibilità, digitalizzazione, autonomia, responsabilizzazione e soprattutto sulla valutazione in base agli obiettivi raggiunti. Un modo di gestire un’impresa e concepire il lavoro senza dubbio diverso da quello tradizionale. Forse è per questo che sono soprattutto le grandi aziende a confermare questa trasformazione. Nel 2022, secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, i lavoratori e le lavoratrici da remoto in Italia erano 3,6 milioni (quasi 500 mila in meno rispetto all’anno precedente). La diminuzione è stata registrata in particolare nelle piccole e medie imprese e nelle pubbliche amministrazioni. Un lieve aumento si è, invece, verificato nelle aziende di maggiori dimensioni. «Nelle piccole e medie imprese il calo è dovuto a una cultura organizzativa che, soprattutto in alcuni comparti, si focalizza sul controllo della presenza», spiega Fiorella Crespi, direttrice dell’Osservatorio.
Sono comunque molte le aziende che dal 2020 a oggi hanno ridotto gli uffici, risparmiando sugli affitti e vendendo gli spazi, e che ora permettono il lavoro agile, solo a rotazione in presenza. Addio, quindi, alla scrivania fissa e via libera a quella condivisa. Si sta imponendo il lavoro ibrido: un po’ da casa e un po’ in azienda, sul modello delle multinazionali americane e del Nord Europa. A proporlo sono molte banche e imprese come Samsung, Apple, Meta. Una modalità lavorativa che permette al dipendente (e all’azienda) di prendere il “buono” di entrambe le situazioni. La comodità di essere a casa, di conciliare famiglia e professione, di risparmiare tempo e soldi negli spostamenti, solo per citare alcuni plus. Una conquista inimmaginabile solo fino a qualche anno fa. Ma senza perdere i vantaggi dell’ufficio, che serve, soprattutto a chi è all’inizio della carriera. Molti studi evidenziano come il lavoro in presenza, anche solo ogni tanto, sia fondamentale per imparare (stare accanto a chi ha più esperienza è utile), per scambiarsi idee e competenze (difficile il confronto a distanza), per crescere professionalmente (uno studio di Harvard rivela che chi lavora da casa ha il 12 per cento in meno di possibilità di ottenere una promozione), per creare networking (la rete professionale si costruisce col contatto) e, non da ultimo, per socializzazione con i colleghi.
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di Cristina Colli