Il bello di stare in città
Chi l’ha detto che chi non parte per le vacanze debba rinunciare al divertimento? Da Roma a Torino, da Milano a Bergamo, ecco tante proposte di svago. Per tutti i gusti.
È una calda sera dell’agosto 1977. A Roma si accende lo schermo nello spiazzo della Basilica di Massenzio. All’aperto, centinaia di persone guardano Senso di Luchino Visconti. Il passaparola, assieme alla “fame” di convivialità e di cultura di quegli anni, fa sì che nei giorni successivi gli spettatori diventino migliaia. Nasce Estate Romana, celebre manifestazione organizzata dal Comune a giunta di sinistra del sindaco Giulio Carlo Argan nei luoghi monumentali della capitale. Ideatore del progetto (anche sotto la successiva giunta di Luigi Petroselli) è l’architetto Renato Nicolini, assessore alla Cultura. Nell’Italia delle cento costiere e dei mille Comuni, dei borghi di montagna e dei laghi incantati, da sempre si organizzano feste per i vacanzieri. Dopo il boom economico, però, la crisi dovuta all’inflazione fa sì che sempre più persone restino in città, nelle calde periferie, non potendo permettersi una vacanza. Fenomeno sociale colto da Nicolini, che lo trasforma in occasione culturale. L’allestimento di eventi cinematografici, teatrali e musicali nei centri storici diviene un fenomeno di costume: negli anni Ottanta gli eventi dell’Estate Romana vengono emulati a Bologna, Torino, Milano, Firenze, Napoli, Bari, Catania. Certo, ciascuno si muove secondo le proprie possibilità economiche e tradizioni culturali, ma è aperto il dibattito sulle modalità d’intervento delle pubbliche amministrazioni nella promozione di eventi culturali destinati al grande pubblico. Non solo in Italia, ma in tutta Europa. L’Estate Romana rompe il diaframma dei ghetti urbani aprendo il centro alle periferie. Una politica in controtendenza rispetto all’abitudine di accentrare la cultura con conseguente accesso classista al sapere, appannaggio delle sole élite. Nel progetto di Nicolini, gli spettacoli estivi all’aperto accoppiano musica pop e avanguardia, balletto e teatro di strada, maratone a base di film popolari e d’autore, giocando sulla contaminazione delle pratiche di cultura “alta” e cultura “bassa”.
Quarant’anni dopo, le giunte che governano le nostre città fanno i conti con mutate condizioni economiche (la recessione ha “asciugato” i fondi) e con l’inasprimento dell’atmosfera sociale (le paure per il terrorismo islamico, specie dopo gli attentati al Bataclan a Parigi e sul lungomare di Nizza, ma anche quelle sanitarie legate alla pandemia). Le comunità, però, rialzano la testa e la gente ha di nuovo voglia d’intrattenimento condiviso. Centrale il ruolo dei festival, soprattutto musicali ma con contaminazioni cinematografiche, che punteggiano l’estate italiana.
Il seguito sulla rivista.
di Maurizio Turrioni – foto Ivan Cavagliato Photograph