Stragi in cerc adi giustizia

È iniziata trent’anni fa la torbida stagione degli attentati a Milano, Roma, Palermo, Firenze. Tentativi della criminalità organizzata di “piegare” lo Stato. Oggi tante verità sono state accertate, ma altre attendono ancora di emergere.

«In questo luogo, il 27 luglio 1993, sacrificarono le loro giovani vite: Alessandro Ferrari, vigile urbano, Carlo La Catena, vigile del fuoco, Sergio Pasotto, vigile del fuoco, Stefano Picerno, vigile del fuoco, Driss Moussafir, venditore ambulante. Vittime di una strage mafiosa volta a ricattare lo Stato. La cittadinanza pose il 27 luglio 2013». La targa che in via Palestro, a Milano, ricorda il sanguinoso evento compiuto a due passi dal Padiglione di arte contemporanea è stata modificata dopo le sentenze che hanno condannato all’ergastolo esecutori materiali e mandanti di quello che, fino a quel momento, era stato definito semplicemente «vile attentato». Nomi noti, come Gaspare Spatuzza e Salvatore Grigoli, tra chi ha materialmente fatto esplodere l’automobile, dopo aver attirato sul posto con una telefonata i vigili del fuoco. Ma personaggi ancora più noti tra i mandanti, da Salvatore Riina a  Bernardo Provenzano, fino ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, a Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Giuseppe Ferro e Francesco Tagliavia.Nel giro di nemmeno un’ora altre due bombe esplodevano a Roma, una in piazza San Giovanni in Laterano, l’altra davanti alla chiesa di San Giorgio al Velabro. Una ventina i feriti e, fortunatamente, nessun morto. Erano state cinque, invece, le vittime a Firenze, la notte del 27 maggio, quando una bomba venne fatta scoppiare in via dei Georgofili. Insieme con la Torre dei Pulci, con diverse porzioni del Corridoio del Vasari e della Galleria degli Uffizi e con numerose opere d’arte custodite nel museo, vengono devastate le vite dei coniugi Fabrizio Nencioni e Angela Fiume, che muoiono con le loro figlie Nadia, di nove anni, e Caterina, di appena 50 giorni, e quella dello studente universitario Dario Capolicchio. L’anno delle bombe, come viene ricordato il 1993, segue la scia di sangue cominciata nel 1992: Salvo Lima, l’eurodeputato referente in Sicilia di Giulio Andreotti, ucciso per volere di Riina e Provenzano il 12 marzo a Palermo, e poi gli assassinii di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e delle loro scorte: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. E poi, a gennaio del 1994, il fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma, dove era stata programmata una strage di carabinieri. Strage che fallì per un malfunzionamento del detonatore. Furono tante le azioni che le mafie – Cosa nostra, ma, oggi si sa, anche la ‘ndrangheta – condussero per piegare lo Stato, con il terrore, a una trattativa che smontasse la legislazione che le stava mettendo nell’angolo. 

Il seguito sulla rivista.

di Antonio Dell’Anna

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