In fuga dal Cremlino

Sono milioni i russi che, dall’inizio del conflitto, hanno lasciato il loro Paese. Attivisti, giornalisti, politici che lavorano per contrastare il regime di Vladimir Putin. E per costruire una “nuova” Russia, libera e democratica. 

Quanti sono i russi che hanno lasciato il loro Paese dopo il 24 febbraio 2022, data di inizio dell’invasione dell’Ucraina? Difficile fare un conto preciso. Forse due milioni. L’esodo si è svolto in almeno tre ondate. La prima subito dopo l’inizio della guerra (chi poteva e chi era meglio organizzato), la seconda in estate, la terza a settembre, dopo la mobilitazione generale decisa da Vladimir Putin per rafforzare il suo esercito in affanno. I russi che sono partiti si dividono in due categorie. Da una parte, gli oppositori del regime e della guerra. Dall’altra, cittadini che, pur non essendo apertamente attivisti contro il presidente, non trovano in Russia le condizioni ideali per costruire il loro futuro. Incontro una di queste persone a Yerevan, in Armenia. 
Andranik Togramadzhian, 28 anni, originario di Ufa, oltre 1.500 chilometri a sud di Mosca, ha lasciato la Russia poco prima dello scoppio della guerra per raggiungere l’Armenia, la terra originaria di suo padre. «Sono convinto di aver preso la decisione giusta», confida. Andranik lavora nel settore della tecnologia dell’informazione, molto fiorente nella regione del Caucaso. «Non è difficile», spiega, «vivere in Russia se la pensi come il governo, ma se sei neutrale o onesto con te stesso è davvero complicato». Andranik si dichiara contro tutti i conflitti («è ovvio chi oggi è l’aggressore», dice) e non ha dubbi sul fatto che il suo futuro sia «qui in Armenia, nella Russia di oggi mi sentirei tagliato fuori».
A Yerevan i giovani russi che si oppongono a Putin si ritrovano nella sede dell’associazione L’Arca. Il progetto nasce da un’idea di Anastasia Burakova, attivista per i diritti umani originaria di San Pietroburgo. Nella sua casa di Tbilisi, Burakova spiega: «Vogliamo coinvolgere parte delle persone che hanno lasciato la Russia nel movimento contro la guerra. Sosteniamo oltre 240 iniziative soprattutto contro la propaganda e per prestare assistenza umanitaria agli espatriati in diversi Paesi. Coinvolgiamo in queste attività i nuovi migranti perché negli ultimi quindici anni il regime ha pensato che la politica fosse per pochi, ristretta all’entourage di Putin: noi, invece, vogliamo costruire insieme la classe dirigente di una futura Russia libera e democratica». 

Il seguito sulla rivista.

di Roberto Zichittella

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