Bresciano tra i bresciani

Don Mario Pasini ideò Vita bresciana come supplemento di Madre. Acquisì anche radio Bresciasette e Teletutto, con l’obiettivo di creare comunità e di lavorare per la città e con la città.

«Senza quel prete e il suo settimanale bigotto e democristiano noi avremmo vinto e Brescia non sarebbe stata preda dei democristi e di Ciro Bruno Boni». A sostenerlo, secondo i bene informati, fu uno degli arrabbiati comunisti, che dopo la guerra avrebbero voluto innalzare bandiera rossa su tutti i campanili e le torri della città. «Quel prete» era don Mario Pasini e il «settimanale bigotto e democristiano» si chiamava La Voce del Popolo, di cui quel sacerdote era il direttore. Parlava chiaro quel prete e in quei tempi di contrapposizione esasperata i suoi articoli di fondo, le sue riflessioni, le inchieste e le puntuali cronache demolivano l’ideologia comunista, smuovevano i nostalgici dal loro triste passato e incitavano i cattolici a opporsi, anche con lo scudo e la croce, all’avanzata del marxismo. La città e la provincia – forse non per intero, ma certamente quasi per intero –, riconoscenti, ringraziavano. Dal canto suo, grato alla città e alla sua magnifica provincia, don Mario contava le copie stampate e diffuse: sessantamila e più, un record davvero esaltante. 
«Però», ammoniva il direttore, «non facciamoci illusioni, che nel doman non v’è certezza se vien meno l’impegno per rafforzare democrazia e libertà». Democrazia e libertà, allora, si nutrivano di «fede lealtà coraggio», tre parole che racchiudevano l’essenza del cristianesimo praticato e vissuto e che, non a caso, apparivano in bella evidenza sotto la testata del settimanale La Voce del Popolo.
Lo stesso spirito don Mario lo portò con sé quando accettò di dirigere e rilanciare Madre, la rivista della famiglia. Erano gli anni del primo boom economico, l’Italia s’era destata e, come si diceva allora, «tra il serio e il faceto la lira girava», consentendo spese e investimenti fino ad allora impensati. Ma la lira che girava e il benessere che si estendeva non aiutavano a rendere il Paese omogeneo, cioè capace di garantire pari dignità e pari opportunità a tutti. A questo doveva provvedere le politica, ma, proprio a metà di quegli anni felici, la politica fondata sui partiti incominciò a scricchiolare. Vacillò l’idea democristiana, appassì quella di destra, ringalluzzì quella di sinistra. 

Il seguito sulla rivista.

di Luciano Costa

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