La febbre del pianeta

Il professor Antonello Pasini

Le temperature si stanno alzando a dismisura a causa del riscaldamento globale. E il tempo per agire è sempre meno. Secondo Antonello Pasini, fisico al Cnr, solo la cooperazione internazionale ci salverà.

Nel mondo moderno, lo abbiamo ormai capito, tutto è connesso, globale, complesso. A maggior ragione per quanto riguarda il cambiamento climatico e ciò che comporta in termini sociali e geopolitici: la grande sfida a cui siamo chiamati ora e nel futuro prossimo. Antonello Pasini, fisico al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e docente all’Università Roma Tre, da anni si occupa dell’elaborazione di modelli matematici nello studio del clima. Autore del primo blog italiano sul tema, ci aiuta a comprendere la portata del cambiamento e l’effettiva influenza della componente antropica. «Grazie al carotaggio, tecnica che consiste nel prelievo di campioni di ghiaccio, possiamo conoscere interessanti dati sugli ultimi 800 mila anni. Per esempio, il fatto che il clima sia sempre stato molto variabile, passando da ere glaciali a ere più calde», spiega. «I carotaggi dimostrano, però, anche che la modifica recente è di una rapidità eccezionale: la temperatura è aumentata di 1,1-1,2 gradi negli ultimi cento anni, mentre la naturale variabilità comporta l’incremento di meno di un grado ogni millennio. Oggi si sono diffuse leggende sui periodi caldi del passato: quando all’ergastolano Erik il Rosso, condottiero ed esploratore normanno, era stata concessa la libertà in esilio in Groenlandia, parlava di questo territorio come di una green land (terra verde) per convincere altri a raggiungerlo, mentre Tito Livio scriveva chiaramente che gli elefanti di Annibale che avevano varcato le Alpi erano uno o due, gli unici sopravvissuti. Importanti studi del 2019 hanno, inoltre, evidenziato che i riscaldamenti del passato riguardavano solo alcune zone, a differenza di quello odierno, in cui il 98 per cento della superficie terrestre ha registrato negli ultimi decenni le fasi più calde degli ultimi due millenni. Infine, nelle carote si trovano bolle di aria intrappolate nel ghiaccio, quindi è possibile conoscerne la composizione: l’anidride carbonica non è mai stata maggiore di 300 parti per milione, mentre oggi siamo a quasi 420, un numero mai visto nell’analisi dell’atmosfera».
Se questi numeri dimostrano l’unicità del momento che stiamo attraversando, non bastano per spiegarne le ragioni. «Le correlazioni tra i dati spesso non chiariscono un rapporto di causa-effetto, perché esistono anche le correlazioni spurie», prosegue Pasini. «Per questo abbiamo costruito dei modelli del sistema-clima, in grado di simulare la situazione modificando gli influssi umani. Senza questi ultimi non si sarebbe verificato l’aumento di temperatura cui abbiamo assistito negli ultimi sessant’anni. Un indizio forte che indica che la colpa e la responsabilità sono nostre: delle emissioni, della deforestazione, di un sistema agricolo intensivo non più sostenibile».

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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