Memoria e impegno

Il primo giorno di primavera è la Giornata di tutte le vittime innocenti delle mafie. Per ricordare che sconfiggere la criminalità organizzata si può, anzi si deve.

«È possibile». Sconfiggere la mafia si può, anzi si deve. Ne sono convinti a Libera, l’associazione che da anni lavora contro la criminalità organizzata e che ha scelto proprio questo slogan per la Giornata del 21 marzo. Quella che dal 1996 – dal 2017 riconosciuta ufficialmente con legge anche dallo Stato – ricorda, il primo giorno di primavera, tutti i nomi delle vittime innocenti delle mafie. Un giorno di memoria e di impegno collettivo, che quest’anno può trovare nuova forza grazie ai successi delle forze dell’ordine.
A patto, però, che non si abbassi la guardia. Perché, anche dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, «la mafia è tutt’altro che sconfitta. La cattura del boss è una notizia di cui essere felici», aveva dichiarato all’indomani del 16 gennaio don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, «ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle forze di polizia e alla procura, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante».
Quello che preoccupa, però, aveva aggiunto, «è rivedere le stesse scene e reazioni di trent’anni fa: il clima di generale esultanza, l’unanime plauso dei politici, le congratulazioni e le dichiarazioni che parlano di “grande giorno”, di “vittoria della legalità“ e via dicendo. Non vorrei si ripetessero pure gli errori commessi in seguito alla cattura di Totò Riina e di Bernardo Provenzano. Le mafie non sono riducibili ai loro “capi”, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno, essendosi sviluppate in organizzazioni reticolari in grado di sopperire alla singola mancanza attraverso la forza del sistema. Sviluppo di cui proprio Messina Denaro è stato promotore e protagonista, traghettando Cosa nostra dal modello militare e “stragista” di Riina a quello attuale, imprenditoriale e tecnologico, capace di dominare attraverso la corruzione e il cybercrime riducendo al minimo l’uso delle armi».

Il seguito sulla rivista.

di Annachiara Valle

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