La Quaresima ritrovata
Il periodo che precede la Pasqua offre la possibilità di mettersi a disposizione di Dio, ma anche del prossimo. Perché, se la privazione permette di essere uomini liberi, la condivisione permette di vivere da fratelli.
C’è stato un tempo, che è ancora nei ricordi di tanti tra noi, in cui, nei quaranta giorni che precedevano la Pasqua, cinema e teatri, sale da ballo e pasticcerie chiudevano per mancanza di clienti. Forse il martedì grasso, il Carnevale, era un momento più festoso di oggi, messo com’è in concorrenza con Halloween o altre circostanze ben sostenute dal marketing pubblicitario. Difficile d’altronde parlare, nella cultura di oggi, di una situazione che può sembrare di autopunizione e, quindi, di scarso appeal, perché a nessuno piace farsi male.
Cerchiamo allora di comprendere meglio il vero significato della Quaresima. Detto in positivo, siamo davanti alla possibilità, offerta a uomini e donne di buona volontà, di sistemare un po’ la propria vita, di rivedere l’ordine di priorità e desideri, soprattutto di quelle realtà che possono legarci, bloccarci, impedirci di essere veramente liberi. L’obiettivo è semplice: è sempre bene “sbullonarsi”, togliere i vincoli che rischiano di limitare lo slancio vitale e di farci arrugginire, chiudere in circoli viziosi.
In fondo si tratta di provare: eliminare qualcosa a cui siamo particolarmente “attaccati” per quaranta giorni, scegliendo con attenzione e con misura, perché non sia una traiettoria preclusa in partenza. L’esperienza è molto istruttiva, si impara a conoscere sé stessi. Apparirà, infatti, presto una domanda: la mia vita non vale forse più di ciò che consumo o che metto al centro delle mie giornate? Una domanda che ha il sapore di uno slogan antiglobalizzazione, con qualche ricaduta ecologica, quindi molto adatta agli obiettivi di ecosostenibilità.
Il seguito sulla rivista.
di Roberto Ponti