Carnevale, tempo di rigenerazione

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È il periodo dell’anno che segna un “combattimento” tra vecchio e nuovo, inverno e primavera, caos e ordine. Fin dalle origini rappresentava il momento in cui il potere poteva essere irriso e l’ordine sociale capovolto.

Tra sacro e profano, le feste carnevalesche hanno da sempre avuto un ruolo di «rigenerazione», di riavvio di un nuovo ciclo naturale e spirituale. Lo testimoniano gli studi sui secoli passati e sulle diverse civiltà, da quelle mesopotamiche a quelle indoeuropee. Secondo lo storico delle religioni Mircea Eliade, il Carnevale rappresenta «la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. In primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, […] segna un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi. Queste forze soprannaturali creano un nuovo regno della fecondità della Terra. Alla fine il tempo e l’ordine del cosmo, sconvolti nella tradizione carnevalesca, vengono ricostituiti (nuova creazione) con un rituale di carattere purificatorio che spesso comporta il bruciamento del “Re carnevale”».
C’è una sorta di “combattimento” tra vecchio e nuovo, tra inverno e primavera, tra caos e ordine. Un contrasto espresso anche dall’arte, come si vede nel famoso quadro di Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima.
Claudio Bernardi, nel suo libro Carnevale, Quaresima, Pasqua. Rito e dramma nell’età moderna, scrive: «Quello del “contrasto” fra Carnevale e Quaresima era un genere letterario ben presente nel Medioevo, documentato in Italia e in Europa fin dal secolo XII, il quale rivisitava in modo nuovo le tradizioni arcaiche di lotte, in atmosfera di baldoria, tra i due personaggi-simbolo dell’anno nuovo e dell’anno vecchio, o dell’inverno e della primavera». E ancora: «Si trattava di componimenti soprattutto in versi che sottolineavano il momento del passaggio da un periodo all’altro. Quasi sempre si ricorreva alla personificazione dei due periodi, attribuendo ai personaggi caratteristiche corrispondenti, legate soprattutto all’aspetto fisico (grasso e panciuto il Carnevale, vecchia e scarna la Quaresima). Questi si affrontavano in una battaglia dall’esito segnato, dato che la Quaresima segue cronologicamente il Carnevale ed è pertanto destinata a trionfare. La rappresentazione di questo duello, con personaggi in carne e ossa, è documentata nel Cinquecento, sia in Italia che in Europa. A Firenze queste drammatizzazioni avevano luogo prevalentemente, a sancire simbolicamente il passaggio, la sera dell’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), posto in effigie, spesso nella forma di un fantoccio, su una catasta di fascine e bruciato. Il rogo sanciva la fine dell’inverno e rappresentava un momento simbolico di rinascita e di rinnovato ordine, che faceva seguito alla temporanea sovversione sociale, caratterizzata da trasgressione alimentare e inversione dei ruoli, propria del Carnevale».

Il seguito sulla rivista.

di Antonio Dell’Anna

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