Al Festival della pace una storia di condivisione e accoglienza

Vitaliano Fulciniti è innanzitutto un uomo dello Stato: così si è autodefinito all’incontro organizzato dal Festival della pace di Brescia il 21 novembre. Laureato, dopo aver svolto servizio nella Guardia di finanza, ha operato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Poi gli hanno affidato diversi incarichi professionali, l’ultimo, che, possiamo dire, ha cambiato la sua vita, è la direzione del Regional Hub Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto (Crotone).

Dopo questa esperienza, durata 14 mesi, Fulciniti ha scritto tre libri e ha incontrato più di 70 scuole per raccontare le storie dei migranti che arrivano in Italia; l’ultimo Ovunque qualcuno – Storie di condivisione e accoglienza (ed. Rubettino) è stato presentato al Festival della pace, perché «non c’è pace senza democrazia, senza diritti e senza la capacità di riconoscersi nell’altro», ha detto Roberto Cammarata, presidente del Consiglio di Brescia.

«La necessità di raccontare», ha detto l’autore, «è nata quando si sono conclusi i miei 14 mesi passati nell’Isola Capo Rizzuto: un gestore privato ha vinto il bando e ha distrutto completamente la meravigliosa esperienza che avevamo costruito. Per questo ho sentito l’esigenza di far conoscere chi sono i migranti, come arrivano, qual è la loro vita quotidiana». Il termine “ospite” era abolito nel centro, «eravamo tutti fratelli e sorelle: solo stando tutti i giorni vicino a chi soffre, riesci a capire il loro dolore e a fartene carico». Quando si parla di uomini, donne e ragazzi che arrivano a causa della guerra o della fame, dopo un viaggio assurdo e dopo aver subito l’indicibile – «vorrei che tutti potessero vedere il corpo di un ragazzo torturato in Libia, allora forse capirebbero» – «si dicono cose non vere», continua Fulciniti, «che sbarcano con il cellulare di ultima generazione o che gli viene data una “paghetta” di 30/40 € al giorno. Tutte falsità, arrivano nudi, infreddoliti e pronti a dare, se gli si dà la possibilità. L’unica cosa che viene consegnata loro è una chiavetta con la possibilità di utilizzare 3 € al giorno alle macchinette caffè-cibo».

Al Regional Hub si organizzavano laboratori, artistici e non (hanno realizzato anche le pigotte per l’Unicef) e si cercava anche di sopperire alla mancanza dello Stato: «chi arriva con qualche disabilità, ad esempio non vede, non sente o ha qualche problema fisico, non ha diritto a nulla. Per questo cercavo di raccogliere soldi all’esterno per comprare occhiali, busti ortopedici, strumenti per l’udito, con l’accortezza di fotografare immediatamente e comunicare alla stampa l’avvenuto acquisto. Questo perché rischiavo l’accusa di appropriazione indebita di denaro». La gente calabrese, «anche di paesi conosciuti ai più solo per episodi di criminalità organizzata, ci dava una mano: quando abbiamo iniziato il “progetto verde”, ad esempio, trovavamo fuori dai cancelli le piantine donateci dalle persone».

Ora il Centro, gestito da un privato, è stato commissariato tre volte. «Durante la mia direzione», racconta, «ricevevo ogni settimana ispezioni mandate dalla prefettura di Crotone: evidentemente dava fastidio il fatto che tutto funzionasse. Il nuovo ente gestore ha licenziato le 89 persone che lavoravano all’interno, ha distrutto tutto quello che avevamo fatto, nel totale disinteresse delle istituzioni. Se si vuole che questi hub funzionino devono essere amministrati dallo Stato e non gestiti da privati».

«Fulciniti», ha concluso Massimo Venturelli, redattore della Voce del popolo, «ci offre con i suoi libri un contributo effettivo della realtà: come uomo di Stato è al di sopra delle parti e al di fuori delle ipocrisie che spesso contaminano il racconto della migrazione e dei centri di accoglienza».

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