La grammatica della corona

Dopo un’apprendistato durato settant’anni, Carlo III è il monarca più anziano a salire al trono, in un momento difficile per il Regno Unito e per la famiglia reale.

Durante la solenne cerimonia funebre del 19 settembre scorso in onore di Elisabetta II c’è stato un momento in cui re Carlo III forse si è reso davvero conto che era tutto finito e cominciava una nuova era. È stato quando i simboli del potere (lo scettro, il globo e la corona) consegnati alla regina settant’anni fa sono stati tolti dal feretro e deposti su un altare della Saint George’s Chapel. Poco dopo la bara è stata lentamente calata sotto il pavimento della cappella, il coro ha intonato l’inno God save the king e Carlo ha fatto una smorfia che tradiva lo sforzo di trattenere le lacrime.
I tre simboli gli saranno affidati quando si svolgerà la cerimonia di incoronazione. Il quotidiano Daily Telegraph ha ipotizzato che l’evento sarà molto più sobrio rispetto alla sfarzosa incoronazione di Elisabetta nel 1953, che fu anche la prima cerimonia di questo tipo trasmessa in televisione. Citando fonti reali, il giornale ha affermato che l’incoronazione di Carlo III, che non dovrebbe avvenire prima del prossimo giugno, sarà più breve, meno costosa e, soprattutto, più multiculturale rispetto a quella della madre, per riflettere la diversità della società britannica.
Il suo apprendistato come erede, durato settant’anni, ha reso Carlo, che compirà 74 anni il 18 novembre, il monarca più anziano a salire al trono. Nato per regnare, è rimasto per decenni nell’anticamera della corona e all’ombra di sua madre. Una madre che, divenuta regina nel 1952, lo ha spesso lasciato solo a casa durante i lunghi viaggi ufficiali all’estero, soprattutto nei Paesi del Commonwealth.

Il seguito sulla rivista.

di Roberto Zichittella

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