Il folle sogno di Putin

Il leader del Cremlino vorrebbe ricostruire l’Urss. E l’Ucraina è un territorio fondamentale per questo disegno, che segnerebbe lascesa del mito nazionalista e un assurdo ritorno al passato.

Dopo mesi in cui il conflitto russo-ucraino stagnava tra brevi avanzate e celeri ritirate, droni e nuove armi da una parte e missili dall’altra, ora nulla è più come prima. I referendum per l’annessione del Donbass alla Russia, la massiccia controffensiva ucraina in quei territori, la minaccia nucleare che rischia di diventare realtà hanno modificato la situazione.
«Il conflitto a bassa intensità, così come è stata la guerra nei primi mesi, è una peculiarità russa, un Paese la cui forza è la debolezza del vicino e il modo più efficace per indebolirlo è destabilizzarlo. L’Unione europea, al contrario, concentra le proprie energie su pace, sicurezza, stabilità. È chiaro che le due politiche sono in stridente contrasto», afferma Paolo Bergamaschi, per 25 anni consigliere politico alla commissione Esteri del Parlamento europeo. Veterinario di professione, Bergamaschi entra nell’Unione nel 1995 su chiamata di Alexander Langer, politico e pacifista, fino a diventare funzionario nel 2019. Sono anni cruciali, durante i quali si occupa delle priorità della commissione: la questione dei Balcani, le politiche di ampliamento dell’Unione (da 15 a 28 Paesi membri), il partenariato che interessa l’Est europeo. I suoi libri narrano le esperienze, i viaggi e le missioni di quel periodo. In Terre d’Oriente (Infinito edizioni, 2017) affronta la situazione di Crimea e Donbass e la guerra non dichiarata condotta dalla Russia per limitarne sovranità e libertà, mentre in Terre di nessuno (Infinito edizioni, 2020) approfondisce l’annosa questione degli Stati fantasma, Paesi che hanno dichiarato l’indipendenza senza essere riconosciuti a livello internazionale. Si tratta di entità situate nei territori di Moldavia, Georgia, Azerbaigian, ma anche dell’Ucraina.
Qui Bergamaschi è stato circa trenta volte, alcune prima del 2013. Ma è con l’Euromaidan, una serie di manifestazioni filoeuropee per opporsi alla decisione del governo di sospendere le trattative per un accordo di associazione con l’Unione, che intensifica la presenza recandovisi circa una volta al mese.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrin

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