Rapporto Migrantes: sempre più giovani se ne vanno dall’Italia

«Si era soliti affermare che l’Italia da Paese di emigrazione si è trasformato negli anni in Paese di immigrazione: questa frase non è mai stata vera e, a maggior ragione, non lo è adesso perché smentita dai dati e dai fatti». Così inizia la XVII edizione – presentata a Roma – del rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, che offre una fotografia dei flussi migratori e conferma come il numero degli italiani residenti all’estero (oltre 5,8 milioni) superi quello degli stranieri in Italia (quasi 5,2 milioni).

Gli italiani che “fuggono” sono per lo più giovani «spinti da un tasso di occupazione tra i 15 e i 29 anni pari, nel 2020, al 29,8 per cento e quindi molto lontano dai livelli degli altri Paesi europei (46,1 per cento nel 2020 per l’Ue-27) e con un divario, rispetto agli adulti di 45-54 anni, di 43 punti percentuali. I giovani occupati al Nord, peraltro, sono il 37,8 per cento rispetto al 30,6 per cento del Centro e al 20,1 per cento del Mezzogiorno. Al divario territoriale si aggiunge quello di genere: se i ragazzi residenti al Nord risultano i più occupati con il 42,2 per cento, le ragazze della stessa fascia di età, ma residenti nel Mezzogiorno, non superano il 14,7 per cento». Questo triplice rifiuto, si legge nel rapporto, «anagrafico, territoriale e di genere, incentiva il desiderio di estero e soprattutto lo fa mettere in pratica. Dal 2006 al 2022 la mobilità italiana è cresciuta dell’87 per cento in generale, del 94,8 per cento quella femminile, del 75,4 per cento quella dei minori e del 44,6 per cento quella per la sola motivazione “espatrio”».

Una mobilità giovanile che cresce sempre più «perché l’Italia ristagna nelle sue fragilità, e ha definitivamente messo da parte la possibilità per un individuo di migliorare il proprio status durante il corso della propria vita accedendo a un lavoro certo, qualificato e abilitante; continua a mantenere i giovani confinati per anni in “riserve di qualità e competenza” a cui poter attingere, ma il momento non arriva mai. Il tempo scorre, le nuove generazioni diventano mature e vengono sostituite da nuove e poi nuovissime altre generazioni, in un circolo vizioso che dura da ormai troppo tempo». 

«Spesso i giovani non fanno ritorno», ha scritto il Capo dello Stato Sergio Mattarella in un messaggio inviato a monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, «con conseguenze rilevanti sulla composizione sociale e culturale della nostra popolazione. Partono anche pensionati e intere famiglie. Il fenomeno di questa nuova fase dell’emigrazione italiana non può essere compreso interamente all’interno della dinamica virtuosa dei processi di interconnessione mondiale, che richiedono una sempre maggiore circolazione di persone, idee e competenze. Anzitutto perché il saldo tra chi entra e chi esce rimane negativo, con conseguenze evidenti sul calo demografico e con ricadute sulla nostra vita sociale. Ma anche perché in molti casi chi lascia il nostro Paese lo fa per necessità e non per libera scelta, non trovando in Italia una occupazione adeguata al proprio percorso di formazione e di studio. Il nostro Paese», ha concluso Mattarella, «che ha una lunga storia di emigrazione, deve aprire una adeguata riflessione sulle cause di questo fenomeno e sulle possibili opportunità che la Repubblica ha il compito di offrire ai cittadini che intendono rimanere a vivere o desiderano tornare in Italia».  

Parole, quelle del Capo dello Stato, riprese da Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes: «Il percorso migratorio normalmente è fatto di partenze e ritorni ma il problema in Italia è che i giovani non tornano. (…) Il Rapporto Italiani nel mondo è un libro di parole forti alle quali devono corrispondere i fatti».

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