Commissione Segre: più norme contro l’odio in rete

Dopo 10 mesi di lavoro e 100 audizioni si è conclusa l’indagine conoscitiva condotta dalla Commissione straordinaria per il contrasto ai crimini di odio, guidata dalla senatrice Liliana Segre che ha presentato in Parlamento la relazione finale, votata all’unanimità da tutti i gruppi. Le conclusioni della Commissione si possono sintetizzare in una richiesta, fatta al Parlamento, di un intervento normativo, in grado di bloccare l’odio che circola nella rete.

«I crimini di odio nascono proprio con le parole», ha spiegato la senatrice Segre. «Quando sono diventata, dopo 45 anni di silenzio, testimone della Shoah avevo 60 anni, circa 30 anni fa. Ero diventata nonna e sono riuscita a parlare a migliaia di studenti senza mai usare la parola odio. Senza mai usare la parola vendetta». E oggi, a 92 anni, è costretta a girare con la scorta «non perché senatrice, bensì perché sono ancora bersaglio dei discorsi di odio». La Commissione ha sottolineato come «negli ultimi anni la diffusione dei discorsi d’odio è andata aumentando in maniera esponenziale e proprio con riferimento alla diffusione delle nuove tecnologie online. (…) L’istigazione all’odio ha sempre minacciato l’animo umano. Ma oggi la sua diffusione può giovarsi di mezzi tecnici di portata inusitata. Ci sono categorie precise di persone prese di mira dagli haters a causa della loro religione, del sesso, dell’identità di genere o del colore della pelle. Con l’obiettivo non solo di offendere, ma di limitarne le libertà personali». I dati: 1 tweet ogni due minuti è contro donne, 1 ogni quattro minuti contro musulmani, 1 ogni dieci minuti contro ebrei, 1 ogni 11 minuti contro omosessuali. Secondo un report 2021 di Amnesty International risultano discriminatori il 27 per cento dei commenti riferiti a donne, il 25 per cento alla comunità Lgbt, il 42 per cento all’immigrazione.

Il senatore Pd Francesco Verducci, relatore della Commissione, ha sostenuto che «al si là del suo contenuto intrinseco il discorso di odio veicola altri due messaggi. Il primo è indirizzato al gruppo attaccato: ha l’effetto di compromettere il sentimento di sicurezza e di libertà delle persone o dei gruppi presi di mira, inducendoli a pensare che non vi sia spazio per loro nella società. L’altro messaggio è indirizzato ai membri della comunità che non appartengono al gruppo o alla categoria sociale attaccati, veicolando l’idea che le opinioni alla base del discorso di odio siano largamente condivise».

La Commissione ha concluso che «la violenza è in aumento perché la rete è percepita come un luogo “selvaggio” e senza regole, in cui tutto è possibile e poco si rischia. Nel corso dei nostri lavori non abbiamo mai mancato occasione di sottolineare l’importanza della cultura e della formazione nel contrasto alla diffusione dei discorsi d’odio. Quello che Onu e Unesco chiamano “counter-speech’’, una contro-narrazione, non edificante, ma fatta di conoscenza, informazione, responsabilizzazione, crescita individuale e collettiva. In conclusione ci siamo sforzati con i nostri lavori di individuare uno snodo strategico: un nuovo e più adeguato bilanciamento fra tutela dei diritti, in primis della libertà di espressione, e rispetto però della dignità della persona umana, vera cifra di una esistenza autenticamente libera».

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