L’indifferenza che uccide

Il 20 giugno è la Giornata mondiale del rifugiato. Persecuzioni e guerre hanno costretto più di 80 milioni di uomini, donne e bambini a lasciare la propria terra e ad abbandonare la propria casa. Persone che lottano per ricostruire un futuro dignitoso. Per sé stessi e per la propria famiglia.

«Non smetti mai di essere un rifugiato. È una condizione che rimane con te. Una sensazione che provi ogni volta che vedi una barca piena di migranti, ogni volta che l’estrema destra alza la voce. L’asilo diventa una parte della tua identità, quella che a noi non piace. Ma esiste. Purtroppo siamo considerati prima di tutto rifugiati. Poi esseri umani. Non importa se scriviamo poesie, vinciamo premi, dipingiamo, lavoriamo in politica o vendiamo verdure. Non importa se parliamo solo la nostra lingua o tutte le lingue dei Paesi in cui siamo stati. Rimaniamo prima di tutto rifugiati. Come se fosse una macchia sulla nostra fronte. Una scatola che ci rende prigionieri». Così racconta Widad Nabi, 37 anni, poetessa curdo-siriana, costretta a lasciare il suo Paese a causa della guerra. Ora vive a Berlino, dopo sei mesi in un campo profughi e un viaggio difficile. «Il giorno in cui sono partita ero davanti alla frontiera di Bab al-Salama. C’erano migliaia di borse a terra, migliaia di persone che stavano fuggendo dall’inferno della loro casa. Mi chiedevo: “Cos’avranno messo nelle loro valigie? Cosa li accompagnerà nel loro viaggio? Quali sono le cose che hanno più valore, dopo che hai lasciato dietro di te la tua terra, la tua vita e i tuoi ricordi?”. Erano tutti arrabbiati e allo stesso tempo piangevano. Per un attimo ho immaginato che tutto il mondo si stesse muovendo, come se la vita fosse solo una partenza».
Il 20 giugno si celebra la Giornata mondiale del rifugiato. Un “popolo” che aumenta ogni anno: milioni di persone sono costrette ad abbandonare casa, terra, lavoro e a cercare un posto dove poter vivere lontano da guerre, carestie, siccità, dittature, violenze. Un esodo forzato che, secondo il Mid year trends 2021, l’ultimo rapporto pubblicato dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (United nations high commissioner for refugees, Unhcr), ha interessato nel semestre da gennaio a giugno 2021 ben 82,4 milioni di persone, di cui 34 milioni di minorenni. Un dato che mai è stato così elevato e che quest’anno è destinato ad aumentare ancora, a causa della guerra in Ucraina. 
L’incremento è direttamente proporzionale al moltiplicarsi dei conflitti in corso. Due terzi delle persone provengono da cinque Paesi: Repubblica Centrafricana, Siria, Afghanistan, Sud Sudan, Nigeria. Il 77 per cento dei rifugiati nel mondo – e questo è un dato che dovrebbe far riflettere – fugge da scenari di crisi di lungo periodo. Basti pensare ai trent’anni di situazione instabile in Afghanistan o agli undici anni di guerra in Siria. Altri “punti caldi”, secondo l’Unhcr, sono Somalia, Yemen, Sahel, Sud Sudan, Venezuela e ora Ucraina.

Il seguito sulla rivista.

di Lucilla Perrini

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