È patria se ha le porte aperte

Nel giorno della festa della Repubblica, una riflessione sul concetto di patriottismo, da non confondersi con la sua antitesi, il nazionalismo, che è alla base dei movimenti di sovranità popolare.

Il tricolore che sventola il 2 giugno, festa della Repubblica, quello che abbiamo appeso ai balconi durante la pandemia, che portiamo allo stadio e mettiamo nelle insegne di ristoranti e centri culturali in giro per il mondo, ci richiama a una appartenenza comune. All’amore per la nostra patria. Un sentimento comune anche ad altri popoli. Perché il concetto di patria affonda le sue radici nell’antichità, fin da quando si forma la comunità, con i suoi legami, la sua terra, i suoi confini, e la nazione si identifica in un’area più o meno vasta dove uomini e donne crescono, formano famiglie e si sentono uniti per cultura, storia, tradizioni. 
Non è, o non dovrebbe essere, qualcosa che esclude, ma anzi che, partendo da una precisa identità, dialoga, integra, mescola. La globalizzazione sta facendo da acceleratore a questa “mescolanza”, pur con tutti i problemi che porta con sé.  Ciò non vuol dire perdere le proprie caratteristiche, tutt’altro. Significa declinare l’amore di patria in senso più alto: condividendo i valori che sono alla base di una pacifica convivenza. La patria è l’Italia, ma è anche l’Europa. È il mondo, da difendere se minacciato militarmente, economicamente, politicamente. Il dovere di difesa riguarda i diritti universali dell’uomo. Perché siamo tutti una famiglia. E il paragone tra patria (terra dei padri e delle madri) e famiglia lo aveva fatto anche Giovanni Paolo II nel suo Memoria e identità quando, parlando della patria, aveva scritto: «Se ci si chiede quale posto occupi nel decalogo, la risposta non dà luogo a titubanze: si colloca nel quarto comandamento, il quale ci impegna a onorare il padre e la madre. Dobbiamo venerare i genitori perché essi rappresentano per noi Dio creatore. Il patriottismo contiene in sé questo genere di atteggiamento, dal momento che la patria è per ciascuno, in un modo molto vero, una madre». 
In questo senso, dunque, il patriottismo è il contrario del nazionalismo, che isola popoli e nazioni e ha la pretesa di imporre, anche con la forza, le proprie idee sugli altri. Non solo, l’identità non ha nulla a che vedere con i fattori biologici, con la pretesa di una «superiorità della razza», come predicava Hitler e come ancora oggi alcuni vorrebbero sostenere. Tutti noi abbiamo origini meticce, frutto di mescolanze millenarie di popoli. Lo dovrebbero ricordare i russi che invadono l’Ucraina, ma lo dovremmo ricordare anche noi italiani che abbiamo nel Dna tracce di popoli diversissimi che hanno calcato la nostra nazione o con i quali ci siamo mescolati nel corso delle colonizzazioni e dell’espansione dell’Impero romano. E sono queste diversità che arricchiscono le società, sempre più colorate rispetto al passato. 

Il seguito sulla rivista.

di Antonio Dell’Anna

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